Chi soffre di dipendenza dal lavoro sta male anche quando lavora. Un fenomeno che accosta la sindrome ad altre dipendenze, come quella per il gioco d’azzardo o l’alcolismo. È quanto emerge da uno studio delle Università di Trento e Bologna e pubblicato sulla rivista Journal of occupational health psychology. Il primo autore è Luca Menghini, assegnista di ricerca al Dipartimento di psicologia e scienze cognitive di UniTrento. Lo studio è stato coordinato da Cristian Balducci, professore del Dipartimento di scienze per la qualità della vita, Campus di Rimini, Università di Bologna.
Umore
“L’umore più negativo delle persone workaholic potrebbe segnalare livelli più elevati di stress sperimentati su base quotidiana e quindi spiegare il maggiore rischio per queste persone di sviluppare burnout e problematiche cardiovascolari – ha sottolineato il professor Balducci -. Inoltre, considerato che il workaholic tende frequentemente a ricoprire incarichi di responsabilità, il suo umore negativo potrebbe facilmente intaccare quello di colleghi e collaboratori: un pericolo che le organizzazioni dovrebbero tenere in seria considerazione, intervenendo per disincentivare i comportamenti che portano al workaholism”. Per fare luce su workaholism e appiattimento emotivo gli studiosi hanno coinvolto 139 lavoratori full-time, per lo più impiegati in attività di back-office.
Il metodo della ricerca
Con un test psicologico è stato valutato il livello di dipendenza da lavoro dei partecipanti. Poi i ricercatori hanno analizzato il tono dell’umore dei lavoratori e la loro percezione del carico di lavoro con una tecnica nota come campionamento delle esperienze. Per farlo è stata utilizzata una app installata sui telefoni dei partecipanti, che permetteva di inviare dei brevi questionari, circa ogni 90 minuti, dalle 9 di mattina alle 6 del pomeriggio, nel corso di tre giornate lavorative, lunedì, mercoledì e venerdì. “I dati raccolti mostrano che i lavoratori più workaholic hanno un tono dell’umore mediamente peggiore rispetto agli altri – ha spiegato Balducci -. Quindi non sembra vero che le persone dipendenti dal lavoro traggono maggior piacere dall’attività lavorativa. Al contrario, i risultati sembrano confermare che, come in altre forme di dipendenza comportamentale e da sostanze, l’iniziale euforia cede il passo ad uno stato emozionale negativo che pervade la persona anche durante il lavoro”. Dai risultati emerge che, a differenza degli altri lavoratori, le persone workaholic mostrano un tono dell’umore mediamente più negativo per tutta la giornata, senza variazioni significative dovute al trascorrere del tempo o alle fluttuazioni del carico di lavoro. Una minore reattività dell’umore agli stimoli esterni che suggerisce un rilevante appiattimento emotivo. “Questo elemento potrebbe derivare dall’incapacità del workaholic di moderare l’investimento lavorativo, con una conseguente significativa diminuzione delle esperienze di disconnessione e recupero, e il parallelo consolidarsi di un tono affettivo negativo” ha aggiunto Menghini. Altro risultato emerso dallo studio è quello relativo alle differenze di genere. La relazione tra dipendenza da lavoro e basso tono dell’umore è risultata infatti più marcata nelle donne: elemento che segnala una loro maggiore vulnerabilità donne al workaholism.