Si chiama “Janus”, ed è un sistema di sensori altamente innovativo capace di rilevare la distanza fra individui con un’elevata accuratezza e un basso consumo di energia. Il progetto è seguito dai ricercatori Gian Pietro Picco dell’Università di Trento e Amy Murphy della Fondazione Bruno Kessler. In questo contesto di emergenza progressi in tempi rapidi sono arrivati anche grazie al finanziamento della Fondazione Valorizzazione Ricerca Trentina, che investe tramite bandi laddove è possibile accrescere i dati sulla conoscenza e sulle tecnologie ad alto potenziale di sviluppo con forti ricadute sulla comunità e sul territorio.
Oggi come oggi, il distanziamento sociale è tra le vie più sicure per combattere la diffusione del virus Covid-19 e l’utilizzo della tecnologia digitale, abbinata ai dispositivi elettronici di uso comune, è certamente un valore aggiunto per monitorare distanze e comportamenti negli spazi di convivenza. Gli smartphone, ad esempio, attraverso la tecnologia Bluetooth e apposite app, permettono di impostare allarmi automatici sulla distanza tra individui con l’uso di luci o suoni. Ma introducono un errore significativo (metri) nella stima della distanza. Il sistema Janus, ideato dal team di ricerca coordinato da Gian Pietro Picco dell’Università di Trento e Amy Murphy della Fondazione Bruno Kessler, ha però “una marcia in più” perché si avvale di due tecnologie di trasmissione: quella Bluetooth, che garantisce bassi consumi di batteria, e quella ultra-wideband (a banda ultra larga, UWB) che emette impulsi e non onde (differenziandosi in questo dalla tecnologia Bluetooth). E grazie a questo riesce a stimare la distanza con un errore inferiore al decimetro.
Anche Janus rientra tra i progetti beneficiari dei bandi della Fondazione Valorizzazione Ricerca Trentina. Un “rinforzo” che ha permesso di fare rapidamente il salto di qualità, sfruttando a pieno i risultati delle ricerche, e passando in breve tempo (3 mesi) da un prototipo dimostrativo a un sistema ingegnerizzato, robusto e validato in campo, attraverso l’acquisto di dispositivi per la sperimentazione e la possibilità di allocare personale a tempo pieno. Ciò, a diretto vantaggio di uno sfruttamento commerciale e del reperimento di altri finanziamenti per continuare lo sviluppo di Janus.
Il punto attuale
e gli sviluppi futuri
Il software Janus che abilita questa nuova tecnica di social distancing è stato sviluppato congiuntamente dal Dipartimento di Ingegneria e Scienze dell’Informazione (DISI) dell’Università di Trento, coordinatore del progetto, e dall’unità di ricerca E3DA (Energy Efficient Embedded Digital Architectures/Architetture Digitali Efficienti Energeticamente) della Fondazione Bruno Kessler di Trento. Il sistema è attualmente completo e funzionante, ed è stato testato su singoli gruppi di ricerca ma anche con grandi numeri. Per esempio all’interno della mensa aziendale di FBK dove sono stati distribuiti 90 dispositivi, ed è stato testato anche per 3 settimane su bambini e operatori di due colonie estive.
La dimostrazione sul campo attesta non solo che Janus è robusto ed affidabile, ma anche che le sue informazioni molto accurate sulla distanza consentono analisi impossibili con i sistemi basati su Bluetooth. “Funziona così bene – spiega Amy Murphy – che è già in corso il suo sfruttamento commerciale da parte della multinazionale italiana Reply, che lo ha integrato in un suo prodotto per il social distancing proposto con successo non solo in Italia ed Europa, ma anche in America del Nord e Sud America”.
A dimostrazione della semplicità e versatilità di questo sistema, Gian Pietro Picco aggiunge che “Le applicazioni di Janus non sono limitate al social distancing. Pensate, ad esempio, ad un cantiere dove sono presenti macchinari in movimento, oppure aree pericolose. Un dispositivo Janus indossato da un addetto ai lavori può fungere da “allarme” quando ci si trova troppo vicino ai pericoli, migliorando quindi la sicurezza sul lavoro”.
In questo delicato contesto di emergenza, il supporto in settori cruciali è necessario se si vogliono raggiungere progressi in tempi rapidi. Si pensi allo sviluppo di tecnologie, come i dispositivi per la tele-riabilitazione, telemedicina, insegnamento a distanza per scuole primarie, ma anche le ricerche in campo diagnostico anti-Covid, epidemiologico, terapie antivirali e nel campo della genomica. “La Fondazione VRT interviene in maniera concreta, potendo far leva sulle modalità rigorose, altamente selettive, ma nello stesso tempo snelle e veloci di selezione dei destinatari del bando oltre che sulla rapidità del finanziamento” ha precisato Stefano Milani, Presidente di Fondazione VRT.