Abbiamo incontrato il professor Luigi Pastorelli, docente di teoria del rischio e Ceo del gruppo Schult’z, per scoprire il modello numerico elaborato proprio dal gruppo Schul’z per arrestare la curva di biforcazione che potrebbe condurre al default del nostro welfare e Sistema sanitario nazionale.

Professore, ha tracciato tramite la vostra funzione numerica LER-Law Engineering Risk uno specifico modello di rischio Paese. Ritiene che l’Italia sia arrivata a un punto di biforcazione?

“Premetto che l’ analisi che il nostro gruppo ha effettuato è stata redatta sulla base dei seguenti dati che sono stati recentemente pubblicati sulla stampa nazionale, di cui ho considerato i seguenti aspetti salienti, che costituiscono quelli che definisco nella nostra funzione LER-Law Engineering Risk come fattori crescenti. In ragione di ciò ho considerato i seguenti dati. Il report Istat indica questo scenario demografico: l’Italia nel 2050 avrà circa 54,7 milioni di persone, che significa 4,3 milioni in meno rispetto al 2024; la popolazione femminile tra i 15 ed i 49 anni che oggi è di 11 milioni nel 2050 sarà di 9 milioni; le coppie con figli che oggi sono 7 milioni nel 2050 saranno 5 milioni; l’età media nel 2050 salirà a 51 anni rispetto ai 46 anni del 2024 e gli over 65 anni che vivono da soli che oggi sono 4 milioni nel 2050 saranno 6 milioni e di questi 4 milioni avranno piu’ di 75 anni. Il report della Cgia di Meste indica invece questo scenario occupazionale: nel 2029 vi sarà una perdita di 3 milioni di occupati che lasceranno il proprio lavoro per raggiunti limiti di età; nel 2050 vi sarà una perdita di 7 milioni di popolazione in età da lavoro e le regioni maggiormente interessate da questa criticità saranno la Lombardia, il Veneto. Il report dello Svimez inoltre indica che il calo di popolazione riguarderà prettamente giovani e famiglie e determinerà un progressivo “ degiovanimento del Paese “ ovvero l’assottigliamento delle generazioni piu’ giovani; la popolazione risiederà prevalentemente nei centri urbani e il Sud Italia andrà incontro ad una progressiva senilizzazione, ovvero l’inevitabile invecchiamento della propria popolazione. E poi c’è report dell’ufficio studi della Banca d’Italia che sostiene che qualora restassero invariati gli attuali tassi di occupazione e produttività il Paese perderebbe 9 punti di Pil al 2050; la spesa pensionistica nel 2040 inciderà per il 17%  del Pil e la spesa sanitaria nel 2040 inciderà per il 7% del Pil”.

E dunque?

Nell’elaborazione numerica ho considerato anche i seguenti specifici fattori di criticità: la consapevolezza che non potrà essere la immigrazione a risolvere alcune delle criticità di cui sopra, in quanto stante la situazione descritta di depopolamento il nostro Paese non sarà un Paese attrattivo per il posizionamento degli stranieri piu’ qualificati, ma sarà prettamente un luogo di transito per aree dell’ Europa considerate piu’ attrattive ed inclusive. E la consapevolezza che nel nostro Paese la ragione per la quale c’è un basso tasso di natalita non dipende esclusivamente dall’assenza di supporti di welfare  alle giovani coppie, ma deriva soprattutto da una assenza di fiducia nel proprio avvenire, una sorta di desacralizzazione della nostra società”.

Perché a suo avviso il decisore politico, non vuole affrontare la crisi rappresentata dai dati citati?

“Faccio una premessa. I dati, le analisi sopra citate ci sono e sono assai evidenti, però il nostro decisore politico, in primis non è abituato a fare le proprie scelte sulla base del dato, e della sua tendenza su un arco temporale di almeno 15-20 anni, ma è troppo focalizzato su una  visione temporale breve, sull’ottenimento di un immediato consenso. Inoltre a mio avviso c’è un significativo deficit qualitativo nella capacità di analisi del nostro decisore, un deficit che sottolineo è vigente in entrambi gli schieramenti che si contendono il governo del Paese. A mio avviso in Italia abbiamo una classe politica palesemente incapace se addirittura non interessata, a porsi come classe dirigente, e quando parlo di classe politica mi riferisco oltre che ai nostri rappresentanti politici, anche ai vertici delle organizzazioni sindacali e di categoria. Detto ciò per rispondere alla sua domanda, le indico brevemente i fattori decrescenti che il modello numerico elaborato dal nostro gruppo indica come elementi significativi per ottenere il risultato atteso, cioè l’obiettivo di interrompere e invertire il declino del nostro Paese”.

Quali sono?

“Elevare l’età pensionabile a 75 anni prevedendo di suddividere il nostro sistema di assistenza e previdenza in 2 macro scaglioni temporali: fino ai 75 anni le persone avranno necessità di avere prettamente supporto economico per effettuare una formazione periodica che gli permetta di restare competitivi sul mercato del lavoro, il quale è destinato inevitabilmente a mutare rapidamente, anche in relazione ai settori di sviluppo. Dopo i 75 anni le persone avranno necessità di assistenza, di supporto. L’adozione di questo provvedimento avrebbe un impatto sul risultato atteso del 45%. Eliminare la 13° mensilità per i redditi mensili superiori ai 2.500 euro in quanto le risorse risparmiate ammontanti a 2 punti di Pil, dovrebbero servire per alimentare uno specifico Fondo per il supporto alla costituzione di start up nei settori ad elevata ricaduta tecnologica ed occupazionale. L’adozione di questo provvedimento avrebbe un impatto sul risultato atteso del 35%. Incentivare il passaggio delle professionalità militari attive nei settori di elevato know how, alla Pmi tramite un meccanismo di incentivazione per l’utilizzo dei militari che andranno in pensione e accetteranno di trasferire il loro know how alle Pmi. L’adozione di questo provvedimento avrebbe un impatto sul risultato atteso del 20%. Le risultanze numeriche del nostro modello indicano chiaramente che la soluzione della crisi che si prospetta ineluttabilmente per il nostro Paese non può e non deve basarsi sulla remota speranza che sia l’Unione europea a risolvere i nostri problemi di tenuta economica del nostro welfare e del nostro Sistema sanitario ma vi deve essere la consapevolezza, trasferita da parte del decisore ai propri cittadini, di applicare al più presto i necessari correttivi ad una curva di biforcazione che procede senza indugio verso il default dell’attuale modello di welfare e sanitario del nostro Paese”.

Lei ritiene che veramente ci possa essere nel Paese la volontà, il coraggio di adottare o perlomeno di prendere in considerazione l’adozione di alcune delle misure da lei indicate?

“Certamente, ritengo che le spinte oppositive saranno notevoli, gli interessi e la staticità delle varie corporazioni professionali, si opporranno, ma proprio per questo è necessario che le forze politiche superino in primis la forma mentis del 900 che ancora caratterizza la loro attività, per approdare a quello che definisco come un concetto di opportunità e su questa comune condivisione costruiscano le rispettive proposte e il loro antagonismo politico/istituzionale”.