Due milioni di euro per capire come funziona la memoria e qual è il meccanismo da cui nascono i ricordi e le connessioni tra le nozioni acquisite. Tutto partendo dai movimenti oculari delle persone. E’ l’obiettivo del progetto di ricerca Atcom – An attentional code for memory messo a punto da Roberto Bottini, docente del Centro interdipartimentale mente-cervello dell’Università di Trento, che ha appena ricevuto il finanziamento dell’European research council. I progetti che si svolgeranno in un ateneo italiano sono 15 e con quello di oggi, l’ateneo di Trento raggiunge quota 41 riconoscimenti complessivi in tutti gli ultimi programmi europei .

Indicatore di attenzione

“I movimenti oculari sono un indicatore per l’attenzione – ha spiegato Bottini -. Stanno diventando sempre di più uno strumento diagnostico importante. Quello che vogliamo fare è leggere la mente e riuscire a capire a cosa le persone stanno pensando seguendo questi movimenti con un tracciatore a infrarossi, un eye tracker. In questo senso gli occhi sono un po’ lo specchio della mente. Riflettono la struttura dei pensieri, ciò che lega diversi concetti e idee. Questo è quello che intendo quando parlo di codice della memoria. Noi sappiamo che Parigi è la capitale della Francia, oppure associamo un certo piatto ad una vacanza. I ricordi possono essere collegati tra di loro in modo diverso. Può esserci un rapporto di causa-effetto, due cose possono essere simili tra di loro oppure opposte, o ancora c’è una relazione di parte con il tutto. Queste relazioni che mettono in contatto le nostre idee, i nostri concetti, sono lo scheletro del nostro pensiero, il tessuto che lega tutto quello che conosciamo. Capire come questo tessuto emerge a livello cerebrale è una sfida ancora aperta”.

Il neuroscienziato dell’Università di Trento, Roberto Bottini.

L’indagine

L’indagine prevede l’utilizzo di strumentazioni di brain-imaging per le neuroimmagini del cervello umano, dalla risonanza magnetica alla magnetoencefalografia. In alcuni studi saranno inoltre raccolti dati neurali grazie a dispositivi cerebrali impiantati temporaneamente in alcuni pazienti per motivi medici. “Scoprire e tradurre questo codice neurale può essere utile nella diagnosi precoce delle malattie neurodegenerative – ha detto Bottini -. Si tratta di comprendere il meccanismo di quella che viene chiamata relational memory, la capacità di ricordare associazioni tra oggetti, luoghi, persone o eventi. Quella che in pratica aiuta a ricordare la strada di casa o il compleanno di una persona cara. Questo tipo di memoria è il tessuto connettivo che per primo viene danneggiato in patologie come l’Alzheimer”.