“Senza un aiuto dalla Regione e dal Governo le strutture della terza età, sono diverse decine quelle rappresentate da Anaste, Uneba e Legacoop a Bologna, rischiano la chiusura. Ciò significa non poter più accogliere e dare la dovuta assistenza sociosanitaria agli anziani più gravi, cioè non autosufficienti”. È quanto è emerso dall’incontro organizzato dall’Associazione nazionale strutture della terza età di Bologna a Palazzo Segni Masetti, con il coinvolgimento delle altre associazioni, delle istituzioni tra cui l’Usl e l’Università di Bologna e gli ordini professionali sanitari. Presenti numerosi gestori e imprenditori delle strutture socioassistenziali e che rappresentano un anello fondamentale nella catena delle cure ai più fragili e un punto di riferimento per tutta la comunità.

Grido d’allarme

Il grido d’allarme è stato lanciato dalle tre associazioni in occasione del convegno voluto da Anaste Emilia-Romagna che a livello regionale rappresenta la voce di 38 strutture di cui 28 a Bologna e provincia. La situazione preoccupa per diverse congiunture: la forte inflazione (si stima un 20% in più di aumenti), la cronica carenza di personale e in particolare di medici, infermieri e operatori sociosanitari. Mancano i fondi e gli investimenti. Da 12 anni non si muove nulla e le rette sono ferme. Guardando al presente e alle opportunità del Pnrr, non si rintraccia tra i beneficiari il sociosanitario. Sono a rischio chiusura le strutture medio piccole perché non possono affrontare le sfide complesse che appartengono alla terza età. I bisogni dei nostri anziani diventano sempre più complessi e richiedono figure sanitarie altamente formate e competenti, integrate in equipe multiprofessionali e multidisciplinari. Questa la dichiarazione del presidente Anaste Emilia Romagna, Gianluigi Pirazzoli: La preoccupazione è distribuita ampiamente tra tutte le strutture della regione. Alcune di queste hanno chiuso per il secondo anno di fila il bilancio in rosso. Inoltre i fornitori pretendono il riconoscimento dell’inflazione e stiamo parlando di aumenti medi del 10% su tutti i servizi di cui le strutture necessitano (lavanderia, cucina, ausili medicali etc). Dalla Regione non abbiamo ricevuto alcun riconoscimento, né sugli aumenti inflattivi né sui costi energetici e del personale. Chiediamo proprio alla Regione un tavolo urgente e non più rinviabile perché nessun progetto domiciliare potrà sostituire l’organizzazione sanitaria complessa di una Cra o Rsa. I nostri anziani, soprattutto quelli che sono anche malati hanno diritto ad essere curati e assistiti a 360 gradi. Non possiamo trattarli come vasi da riempire, quindi limitarci ad assecondare le loro funzioni biologiche e fisiologiche. Prendersi cura degli anziani significa per noi mettere più vita nei loro giorni e non semplicemente aggiungere più giorni alla loro vita”.