Quando si entra nelle due sale attrezzate del Polo Ferrari 1 a Povo di Trento si resta affascinati dagli effetti speciali. Maxischermi, sensori, simulatori, videocamere, mixer e tanti dispositivi di varie dimensioni. In realtà, il Laboratorio di ambienti aumentati e sistemi innovativi di intelligenza artificiale e robotica per la medicina e la salute è quanto di più concreto si possa cercare. Uno spazio di sperimentazione per abbattere le barriere tra mondo della ricerca e strutture sanitarie e fare in modo che si utilizzino le soluzioni tecnologiche già disponibili per migliorare la diagnosi e la cura delle persone. Come effettuare ecografie con bracci robotici o simulare un intervento endovascolare all’aorta. Paolo Giorgini, direttore del Dipartimento di ingegneria e scienza dell’onformazione e coordinatore, assieme a Giuseppe Riccardi, del Laboratory for augmented health environments, spiega: “La tecnologia è avanzata e le persone si aspettano che venga usata anche nel campo della salute. Penso ad esempio al problema annoso delle liste di attesa. Esistono già software per l’elaborazione dei dati delle Tac che potrebbero ridurre di molto i tempi per esami e visite. Così come un aiuto aumentato in sala operatoria può migliorare la procedura chirurgica con effetti positivi per team e pazienti”.

Univeristà di Trento: Paolo Giorgini, Giuseppe Riccardi, Roberto Bonmassari, Stefano Bonvini, Marco Zenati, Luigi Paolopoli, Libertario Demi, Nicola Conci, Giovanna Varni, Martin Corona e Marco Roveri. Foto: Federico Nardelli.

Ambiente ibrido

“Il nostro è un ambiente ibrido di futuro prossimo nella interazione persona/macchina. Alcune tecnologie sono già portabili negli ospedali e negli ambulatori, altri sono progetti e prototipi sempre più realistici che vogliamo sviluppare – osserva il co-coordinatore Giuseppe Riccardi -. La nostra è una delle prime realtà di questo tipo al mondo perché non siamo centrati su una singola tecnologia, ma lavoriamo all’interfaccia tra spazi e interazioni fisiche e virtuali, vogliamo creare un continuum tra ricerca e clinica, vogliamo portare l’innovazione nella medicina”. Sulla strada del trasferimento tecnologico ci sono, però, vari ostacoli. A cominciare dalla discrepanza tra formazione medica e sviluppo scientifico. Giorgini e Riccardi si soffermano sul limite di proporre alla generazione nativa digitale che si prepara alla professione medica una didattica universitaria tradizionale. Il nuovo laboratorio di formazione, ricerca e coaching di UniTrento e Apss cerca di intervenire anche su questo fronte. Intende essere un luogo dove personale medico e sanitario in formazione possa fare attività assieme a quello ingegneristico, dove chi studia medicina e chi ha già esperienza medica possano approfondire tutti i dettagli della pratica chirurgica grazie alla sala operatoria aumentata con manichino automatizzato, dove chi fa ricerca nell’ambito dell’ingegneria e della scienza dell’informazione possa collaborare con professionisti/e della salute per ideare soluzioni mirate. Intanto, già dal prossimo semestre, studenti e studentesse del quarto anno di medicina e chirurgia di UniTrento frequenteranno in questo laboratorio il loro corso da cinque crediti in intelligenza artificiale per la medicina. Poi le porte si apriranno a specializzandi/e. Sempre in condivisione e in compresenza con chi già esercita la professione.

Le simulazioni

Nell’ambiente che simula il contesto di una sala chirurgica aumentata nel dominio della patologia cardiovascolare, grazie a sofisticati sistemi di videocamere e sensori, saranno condotte analisi dei comportamenti, dinamiche di gruppo, interazione persona/macchina, processi decisionali, stato di stress e burn out dei team della sala operatoria per migliorare il clima, ridurre gli errori, ottimizzare i processi. Al Disi c’è la consapevolezza delle profonde implicazioni sociali ed etiche di questo laboratorio dalla forte connotazione tecnologica, aperto proprio in un dipartimento di ingegneria. “Per questo – ricorda Giorgini –. Il progetto coinvolge già il Comitato etico per la ricercala dell’ateneo e la facoltà di giurisprudenza, in particolare il progetto Biodiritto, con varie iniziative di formazione e scambio per studenti, studentesse e professionisti/e. E in prospettiva c’è anche una collaborazione con il Dipartimento di psicologia e scienze cognitive per approfondire le ricadute del connubio tra tecnologia e scienze della vita nella cura delle persone e nella deontologia del professionista”.