L’azienda fa utili a fine anno? Se vieni assunto, ti saranno proposte stock option da meno di un’azienda su dieci, mentre la garanzia del posto sicuro è un valore sbandierato da tutti. Ti interessano forme di lavoro agile, ad esempio lo smart working? Oggi viene proposto da una azienda su tre. L’organizzazione aziendale è, certo, una priorità: ma non è necessario che si operi nell’inclusività, molto meglio che sia rispettata e che la mia reputazione migliori di conseguenza. E tutto sommato il periodo delle grandi dimissioni può andare in soffitta: solo un’azienda su dieci registra flussi atipici nelle uscite. Sono questi i risultati dell’ultima ricerca dell’ufficio studi di Fòrema, l’ente di Assindustria Venetocentro, che ha studiato i comportamenti di 160 aziende (principalmente tra il padovano e il vicentino; molte sono del settore metalmeccanico) relativamente all’employer branding, ossia a tutte quelle strategie che i manager adottano per attirare nuovi collaboratori e per valorizzare il proprio staff.

Lo studio

“Abbiamo analizzato cinque macro aree – spiega Roberto Baldo, responsabile attività e progetti finanziati -. Abbiamo chiesto a manager e dirigenti di spiegare cosa offrano ai dipendenti in fase di reclutamento o di sviluppo del personale: vantaggi contrattuali e incentivi economici; piacevolezza degli ambienti di lavoro; cultura e modello organizzativo; apertura e interconnessione con il territorio; modalità di progettazione e sviluppo del welfare aziendale. Ebbene, gli hr manager sottolineano principalmente il fatto di offrire la piacevolezza e la sicurezza dei luoghi di lavoro (78% dei rispondenti), seguita dalla cultura e dal modello organizzativo adottato (65%). Tra i trend interessanti registriamo anche un’offerta sempre minore di smart working, c’è in effetti un reflusso verso l’ufficio dopo l’esperienza del lavoro da casa”.

Come cambiano le dinamiche organizzative

L’indagine è stata propedeutica a formare i tavoli di lavoro del NextGen Festival, il Festival della formazione svoltosi a Padova dal 15 al 17 novembre. “L’obiettivo di NextGen Festival? Dare particolare rilevanza alle nuove generazioni che entrano nel mondo del lavoro – spiega il direttore generale di Fòrema, Matteo Sinigaglia -. La generazione Z sta influenzando e cambiando notevolmente le dinamiche organizzative delle imprese a partire dai temi del lavoro agile, della responsabilità su progetti specifici e della necessità di sentirsi parte attiva nel processo decisionale dell’impresa”.

Matteo Sinigaglia, direttore generale di Fòrema.

Entrando nel dettaglio della survey emergono molti dati in controtendenza, indici del momento storico che stanno vivendo gli hr nel momento di ricerca del personale. Interessante il percepito sui vantaggi contrattuali e gli incentivi economici. Prevalgono tre aspetti chiave connessi alla sicurezza del posto di lavoro: stabilità del rapporto (importante per la totalità del panel), solidità economica e finanziaria dell’impresa (97%), basso turn over (82%) nella scala delle priorità. Invece, troviamo agli ultimi posti la distribuzione di utili ai collaboratori (9%), la concessione di ferie o permessi aggiuntivi rispetto al Ccnl (26%) e l’utilizzo estensivo di forme di lavoro agile (33%). C’è poi il tema degli ambienti messi a disposizione dall’azienda. Il panel mette al primo posto (96%) la piacevolezza del luogo di lavoro, seguito dall’innovatività degli strumenti e delle tecnologie che si utilizzano (85%); l’accessibilità della sede è importante per il 74% dei rispondenti, mentre gli spazi condivisi sono decisivi solo per il 22% del totale. Asset strategico anche la cultura aziendale: il modello organizzativo spesso incide nella routine lavorativa. Più di due terzi dei rispondenti si focalizza sul valore dell’esperienza offerta in termini di competenze e appetibilità (85%), della trasparenza della comunicazione interna (81%), sull’accesso a percorsi formativi e la meritocrazia (entrambi al 76%). Al contrario, interessa relativamente poco la strutturazione di gruppi di lavoro interni (33%) e la realizzazione di piani per l’inclusione sociale (41%) appaiono poco rilevanti per attirare il personale.

Il capitale reputazionale

L’azienda non è un totem isolato, il rapporto col territorio è decisivo e il capitale reputazionale che il dipendente ottiene dal lavorare per una determinata società è fondamentale. Si registra una forte polarizzazione sul capitale reputazionale dell’azienda (fattore chiave per l’89% delle aziende) e dei collaboratori dell’azienda (63%) seguite dalle azioni concrete per la tutela dell’ambiente (62%); meno rilevanti le attività rivolte direttamente alla cittadinanza (35%) e al sociale (48%). Infine, un altro dato interessante. Le grandi dimissioni sembrano avviarsi ad una fase di stallo, almeno a leggere gli indici proposti dall’indagine di Fòrema. La maggioranza relativa delle aziende intervistate (41%) afferma di non avvertire in misura preoccupante processi di dimissioni legati al turn over, posizionandosi sotto alla media della normale dinamica di entrate e uscite; solo il 15% registra numeri in ascesa. Infine, sono emersi anche altri dettagli. In generale le aziende utilizzano un mix originale di leve afferenti alle diverse famiglie; sono rari i casi di moltiplicatori (ossia le azioni e i benefici concreti messi in campo) valutati come inutili o non percorribili. Sul tema della comunicazione del valore, i tirocini sono il canale principale per far conoscere l’azienda e incontrare potenziali collaboratori; in generale le aziende comunicano il valore in maniera informale (passaparola dei dipendenti) e tradizionale (sito aziendale, spesso Linkedin) e in autonomia (fatte salve le ricerche specifiche di personale). Per quanto riguarda la fase di licenziamento (offboarding), la maggioranza si occupa dell’uscita dei collaboratori in maniera informale, destrutturata e solo per casi specifici: è un peccato perché si perde il valore di informazioni di cui già disporrebbe e poi magari attiva consulenze per farsi dire perché le persone vanno via.