“Quella delle cure domiciliari è la vera sfida della sanità pubblica e per vincerla occorre agire con grande sinergia, attrezzandoci per raggiungere un obiettivo che nel Lazio significa triplicare il numero di over 65 oggi assistiti”. Lo ha detto Alessio D’Amato, assessore alla sanità della Regione Lazio, intervenendo al convegno Nuovi modelli organizzativi, continuità territoriale, ADI e telemedicina per la gestione domiciliare del paziente cronico, organizzato presso la sede della Regione Lazio nell’ambito degli eventi “Sanità Modello Lazio”. “Sono fiducioso perché ho visto l’impegno e la disponibilità a lavorare in sinergia anche da parte delle aziende. Oggi peró serve un salto di qualità attraverso un nuovo patto con queste aziende accreditate al Sistema Sanitario Nazionale, perché l’obiettivo è veramente ambizioso e serve lavorare in sinergia come abbiamo fatto per il Covid”, ha aggiunto l’Assessore D’Amato. “Dobbiamo passare da 40mila a 130mila pazienti da assistere: si tratta di uno sforzo importante che richiede organizzazione, personale formato, sinergia. Dobbiamo capire come aiutarci reciprocamente e su questo il sistema Lazio ha già dimostrato di saper fare squadra”, ha concluso.
Formazione del personale
Per Giuseppe Quintavalle, direttore generale Policlinico Tor Vergata, “per raggiungere gli obiettivi del Pnrr dovremo investire sulla formazione di personale. Occorre promuovere una stratificazione dei bisogni della popolazione ed affrontare uno dei problemi maggiori, ovvero verificare il supporto sociale a disposizione dei pazienti, perchè i caregiver sono fondamentali”. “Triplicare i risultati significa fare un salto pazzesco oltretutto a risorse sostanzialmente invariate. Possiamo farlo anche cominciando a ragionare su un modello di assistenza domiciliare che utilizzi anche le nuove tecnologie. Per farlo occorre cominciare a stratificare la popolazione per fabbisogni assistenziali, ragionando non più nell’ottica prestazionale ma in una complessiva strategia di presa in carico come sistema”, ha precisato Giorgio Casati, direttore generale Asl Roma 2.
L’idea di un patto fra istituzioni ed erogatori accreditati per vincere la sfida dell’assistenza domiciliare piace alle aziende, impegnate in prima fila nel settore. Per Roberto De Cani (referente ADI Unindustria Lazio), “quello della programmazione condivisa tra mondo pubblico e privato è un modello che la Regione Lazio ha introdotto come precursore ed e una specificità importante che garantisce un’assistenza domiciliare di carattere elevato rispetto ad altre realtà”. “Da qui a tre anni la sfida è incrementare di circa centomila unità i pazienti assistiti a fronte di risorse che dovrebbero passare da 116 a 196 milioni di euro. È una sfida complessa che si puó vincere partendo da alcune proposte: potenziamento del numero dei professionisti, revisione delle tariffe mirata a rendere attrattivo l’ambito domiciliare riequilibrandolo con altri setting assistenziali, implementazione della telemedicina”, ha concluso.
I dati
Le cure domiciliari sono oggi un pilastro del nuovo assetto dell’assistenza territoriale definito dal DM 77. Il PNRR ha inoltre fissato l’obiettivo di assistere a casa almeno il 10% degli over 65, portando l’assistenza domiciliare ai livelli dei principali Paesi europei. Un ulteriore strumento di potenziamento delle cure domiciliari è stato sancito dall’Intesa raggiunta in Conferenza Stato Regioni lo scorso 4 agosto che ha definito precisi requisiti strutturali e organizzativi per l’accreditamento degli erogatori pubblici e privati di ADI con lo scopo di uniformare a livello nazionale le prestazioni domiciliari e innalzare il livello qualitativo. La Regione Lazio è stata precursore di questa evoluzione, con l’avvio nel 2020 di un modello di accreditamento delle cure domiciliari con uno specifico focus sull’alta complessità, che ha consentito di reggere l’urto della pandemia anche grazie ad un sistema domiciliare strutturato e organizzato. Il percorso di evoluzione dell’assistenza domiciliare è oggi di fronte a sfide che devono ancora essere compiutamente affrontate: la gestione dell’alta complessità verso modelli di vera e propria ospedalizzazione domiciliare, l’uso diffuso e capillare (e non più “sperimentale”) di soluzioni e strumenti di telemedicina, telemonitoraggio e teleriabilitazione, la definizione di modelli di presa in carico domiciliare per patologia e non per numero di accessi, sono tutte sfide che il Sistema sanitario regionale deve affrontare nei prossimi anni.