In Italia cresce il numero di nuovi casi l’anno di melanoma, il più pericoloso tumore della pelle. L’incremento registrato è del 7% sia tra gli uomini che le donne. Tuttavia, secondo recenti studi dell’Associazione italiana registri tumori supportato da IMI (Intergruppo melanoma italiano), tra le persone nate da metà degli anni ’70 in poi il rischio di cancro è diminuito dopo anni di costante crescita. Il merito è da ricercare nella prevenzione e soprattutto in un’esposizione più corretta al sole, dovuta anche ad una maggiora consapevolezza. “C’è ancora però molta strada da fare e manca una vera campagna educazionale a livello nazionale sul modello di quelle condotte in tempi recenti in Australia o negli Usa”, sostengono gli specialisti dell’IMI. “Bisogna evitare i facili trionfalismi ma possiamo ammettere che il melanoma oggi potrebbe fare meno paura rispetto al recente passato – evidenzia il dottor Emanuele Crocetti, epidemiologo e past-president dell’Associazione italiana registri tumori -. Grazie alla combinazione di un continuo miglioramento delle strategie terapeutiche e di un crescente aumento delle diagnosi precoci, la sopravvivenza a cinque anni ha raggiunto l’87% e il dato sale ad oltre il 90% tra la popolazione italiana under 45. Rimane comunque un tumore particolarmente insidioso e che colpisce ogni anno più di 14.900 uomini e donne”.

Le prospettive

“Oggi siamo in grado di garantire buone prospettive ai nostri pazienti – aggiunge il dottor Corrado Caracò, della SC Chirurgia melanoma e dei tumori cutanei dell’INT Fondazione Pascale di Napoli -. La chirurgia rimane il trattamento di elezione contro il melanoma soprattutto negli stadi iniziali della malattia. Siamo in grado di svolgere interventi mirati e meno invasivi rispetto al recente passato”. “Allo stesso modo le nuove cure come l’immunoterapia e le terapie target hanno portato benefici a lungo termine a oltre la metà delle persone colpite da questa forma di cancro in fase avanzata e ad una significativa riduzione del rischio di recidiva nei pazienti ad alto rischio operati radicalmente”, sottolinea Mario Mandalà, professore di oncologia medica dell’Università di Perugia Ospedale S. Maria della Misericordia. “Raccomandiamo comunque a tutti una visita di controllo con uno specialista dermatologo – evidenzia Ignazio Stanganelli, presidente IMI, professore dell’Università di Parma e direttore della Skin Cancer Unit IRCCS IRST Istituto tumori Romagna -. In particolare chi ha una cinquantina di nei sulla pelle dovrebbe controllarli periodicamente, almeno una volta l’anno. Non per forza un neo si trasforma in un cancro ma deve esserne monitorata l’evoluzione per arrivare eventualmente una diagnosi precoce di malattia. Per questo bisogna intervenire sul medico di famiglia per aiutarlo nella selezione della popolazione a rischio e delle lesioni sospette da inviare al dermatologo”.