Uno studio dell’università di Bari, in collaborazione con la Biobanca dell’Irccs Giovanni Paolo II del capoluogo pugliese, ha permesso di scoprire quale è il meccanismo che permette alle cellule staminali dei nostri reni di rimanere attive oltre a produrre una notevole quantità di una proteina anti-aging. La ricerca, così come reso noto dall’ateneo, è stata pubblicata qualche giorno fa sulla rivista internazionale Stem Cells. “Lo studio dimostra che queste cellule staminali, producono alcuni Rna (l’acido nucleico che, insieme al Dna, serve a produrre le proteine) che non danno origine a nessuna proteina ma che in realtà servono a regolare alcuni importanti processi cellulari”, spiega il coordinatore della ricerca, Fabio Sallustio, dell’università barese. “Abbiamo scoperto che uno di questi Rna non codificanti, chiamato Hotair, sostiene la capacità proliferativa delle cellule staminali renali e limita la loro senescenza nel tempo. Abbiamo inoltre scoperto che queste cellule riescono a secernere elevati livelli dell’importante proteina anti-aging, a-Klotho, che attenua la senescenza dell’epitelio renale e la fibrosi diminuendo la morte cellulare”, prosegue. Questa proteina, che qualcuno ha definito ormone della giovinezza, è anche coinvolta nella protezione di altri organi e sopprime la senescenza cellulare mediata dall’infiammazione e metabolismo minerale”.

La proteina

La proteina Klotho, il cui nome si riferisce non a caso all’antica divinità greca che filava il destino della vita dell’uomo, agisce non solo a livello renale ma entra nel circolo sanguigno e svolge le sue funzioni su tutto l’organismo”, sottolinea la prima autrice dello studio e dottoranda di ricerca, Angela Picerno. “Limita l’invecchiamento e lo sviluppo di malattie croniche attraverso la regolazione del metabolismo dei fosfati e della vitamina D. Funziona come un fattore umorale con attività pleiotropiche, tra cui la regolazione dello stress ossidativo e la sensibilità delle cellule all’insulina. Klotho è secreta principalmente a livello renale e noi abbiamo scoperto che un grosso contributo nella sua produzione è dato proprio dalle cellule staminali renali”, conclude. “I potenziali effetti di Klotho sulle cellule staminali non solo forniscono nuove informazioni sul loro ruolo nei processi anti-invecchiamento, ma potrebbero anche dare un contributo significativo al progresso clinico/terapeutico nella medicina rigenerativa. Questi risultati gettano nuova luce sui meccanismi di regolazione di queste importanti cellule renali e potrebbero supportare il futuro sviluppo di terapie di precisione per le malattie renali”, aggiunge Loreto Gesualdo, ordinario di nefrologia dell’università di Bari.