Sempre più social e affidata a giornalisti, è la comunicazione di asl e ospedali. L’indagine di Fiaso sul ruolo degli uffici stampa in sanità: il 22% delle aziende ha assunto professionisti dell’informazione durante la pandemia. Il 94% di asl e ospedali è dotato di un ufficio stampa e il 22% ha assunto giornalisti durante la pandemia. La comunicazione, ancora di più nel corso dell’emergenza Covid, è diventata strategica per le aziende sanitarie e ospedaliere che hanno scelto di investirvi attraverso l’assunzione di professionisti. È stata presentata a Roma, nel corso dell’incontro Il ruolo dei professionisti dell’informazione in sanità, alla presenza del segretario della Fnsi Raffaele Lorusso, della vice segretaria Fnsi con delega agli uffici stampa Alessandra Costante e del presidente di Pa Social Francesco Di Costanzo, l’indagine curata da Fiaso sugli uffici stampa all’interno delle aziende sanitarie e ospedaliere. La rilevazione conoscitiva ha coinvolto quasi 70 aziende distribuite su tutto il territorio nazionale tra cui anche i principali policlinici e poli ospedalieri italiani e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Alle aziende è stato somministrato un questionario composto da 20 domande relativo alle attività di informazione e comunicazione svolte dagli uffici stampa. Il primo dato che emerge è sicuramente un segnale positivo: il 94% delle aziende ha al suo interno un ufficio stampa. L’organizzazione degli uffici stampa è prevalentemente legata alle direzioni generali: nel 69% dei casi gli addetti stampa sono inseriti in staff alla direzione generale e hanno un rapporto diretto con gli organi apicali dell’amministrazione. In altri casi sono state costituite nell’organigramma aziendale unità operative dotate di autonomia e budget.
La composizione degli uffici stampa
In quattro aziende su dieci a gestire l’ufficio stampa c’è una sola persona ma in sei su dieci la squadra è composta da più addetti. Nel 90% di asl e ospedali a lavorare con i media e con l’informazione, così come previsto dalla legge 150 del 2000, ci sono giornalisti, nella maggior parte professionisti. C’è tuttavia un 10% di aziende che, invece, non annovera tra il personale giornalisti. L’affidamento degli uffici stampa a giornalisti, in linea con le previsioni normative, è garanzia di qualità dell’informazione e presidio di trasparenza non solo per le aziende, ma soprattutto per i cittadini. Negli uffici stampa composti da più di una persona compaiono anche altre figure professionali, oltre ai giornalisti: nel 70% sono presenti amministrativi, nel 9% grafici, nel 4,5% medici, nel 3% infermieri e in singoli casi isolati anche un ingegnere informatico, un fotografo, un sociologo, un avvocato e un informatico. Il 74% degli addetti stampa sono inquadrati come categoria D con un orario di lavoro da dipendenti di una pubblica amministrazione. Il 25% delle aziende, però, ha riconosciuto lo status di dirigente per il capo ufficio stampa, attribuendo un ruolo di alta specializzazione e autonomia. Nel 13% dei casi, infine, asl e ospedali hanno scelto di affidarsi all’esterno e di prendere, come addetti stampa, liberi professionisti. La comunicazione verso i media è quotidiana: il 45% di ospedali e asl invia oltre 10 comunicati stampa a settimana.
Covid e comunicazione
Nel corso dell’emergenza Covid ci sono state aziende sanitarie e ospedaliere che hanno scelto di potenziare le attività di comunicazione con l’inserimento di ulteriori figure professionali o di costruire ex novo un ufficio stampa per rispondere alle nuove necessità dettate dall’infodemia. Il 22% ha assunto professionisti della comunicazione nel corso dei due anni della pandemia. In quasi un’azienda su quattro, dunque, c’è stata la volontà di scommettere sul ruolo della comunicazione. L’emergenza, dunque, ha costituito una grossa spinta e ha funzionato da acceleratore. “La comunicazione è uno strumento strategico che presuppone autonomia, responsabilità, partecipazione ai processi e condivisione delle scelte con le direzioni. Nel corso della pandemia è diventata uno degli asset principali di gestione dell’emergenza. La diffusione di bufale e fake news rese virali dai social network, infatti, ha reso evidente la necessità, per le aziende sanitarie e ospedaliere, di investire su una comunicazione efficace, trasparente e tempestiva. Ed è attraverso i professionisti degli uffici stampa che le aziende hanno certificato la credibilità delle informazioni, veicolate attraverso mass media e social media, con l’obiettivo di alimentare la fiducia dei cittadini” commenta il presidente di Fiaso Giovanni Migliore.
Ospedali e social
Otto asl su dieci sono presenti sui social network. A farla da padrone è Facebook (93%), seguito da Youtube (76%), Instagram (71%) e Twitter con LinkedIn (41% entrambi i social). C’è anche un 15% che ha attivato un canale Telegram, un 5% che utilizza Whatsapp per le comunicazioni esterne e una piccola percentuale del 2% che è sbarcata anche sul social più giovane TikTok. Media di follower per il canale più seguito 20mila. La frequenza di aggiornamento è costante: in sei casi su dieci la pagina social viene aggiornata almeno una volta al giorno o con più post/video/storie/reel nell’arco di 24 ore. Il 36% di asl e di ospedali inoltre si avvale di una newsletter per comunicare le principali novità e iniziative con una frequenza per lo più mensile.