Riformare il percorso di formazione degli infermieri con maggiori organici e specializzazioni. Cambiare rotta sugli interventi terapeutici grazie all’ampliamento delle competenze. Gestire e coordinare processi assistenziali anche attraverso nuovi strumenti di teleassistenza e soprattutto assistenza infermieristica territoriale, con il potenziamento e la diffusione a livello nazionale del ruolo dell’infermiere di famiglia e di comunità. È la ‘ricetta’ della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermiristiche (Fnopi) che ha commentato l’indagine 2022 di Italia Longeva sulla mappa delle fragilità. Si è calcolato che in Italia l’assistenza domiciliare integrata (Adi) per gli over 65 è erogata mediamente al 2,9% di pazienti a domicilio. E le cure residenziali (Rsa) registrano una forte differenza regionale: rispetto a una media del 2,3% di over 65 istituzionalizzati, si va dal 7,64% di Trento allo 0,23% della Campania. “Nell’Adi – spiega Maurizio Zega, consigliere nazionale Fnopi, intervenuto alla tavola rotonda su Pnrr e Dm 77 – gli infermieri impegnano circa il quadruplo delle ore per paziente rispetto alle altre professioni, sono altrettanto rilevanti e presenti nelle reti di cure palliative, sempre a domicilio, ma lo saranno ancora di più con l’infermiere di famiglia e comunità, in modo massiccio e tale da rispettare la previsione del 10% almeno di over 65 assistiti a casa prevista nel Pnrr e indicata nel Dm 77 che ridisegna l’assistenza sul territorio”. Ma gli infermieri necessari a garantire gli standard che il decreto prevede – fa sapere la Fnopi – non ci sono.