“Le tecnologie digitali nel management di una patologia come la sclerosi multipla saranno sempre più integrate nel rapporto medico paziente. Non c’è sostituzione, ma integrazione. Da qualche anno facciamo diagnosi a millennials che sono nativi digitali e per loro è normale l’uso di smartphone anche per interagire con i neurologi. Una app come M3, ad esempio, supporta i medici e i loro pazienti trattati con la terapia orale in compresse di cladribina nella gestione dell’aderenza alla terapia e dei follow-up, oltre a programmare automaticamente appuntamenti ed esami”, spiega Luigi Lavorgna, neurologo Aou Università Vanvitelli Napoli e coordinatore del gruppo di studio digitale della Società italiana di neurologia, intervenendo a margine dell’evento dedicato alla sclerosi multipla ‘Echo in Ms’, promosso da Merck Italia, che ha riunito in questi giorni i neurologi italiani a Baveno (Verbano Cusio Ossola).

Visione clinica chiara

“M3 permette al neurologo di avere una chiara visione clinica del paziente – continua Lavorgna – così da monitorare gli effetti della terapia e l’andamento della malattia, nonché di gestire i controlli che il paziente deve affrontare durante il trattamento. Il paziente, invece, è assistito da una notifica push che ricorda quando assumere il farmaco, come gestire gli appuntamenti, le analisi e le visite programmate. Per i medici l’utilizzo di app e device che monitorano il paziente diventa parte del lavoro. Una persona con sclerosi multipla – osserva il neurologo – può vivere 40-50 anni con la malattia. I medici possono vedere il paziente a distanza di mesi, ma nel frattempo possono sapere quello che accade tra una visita e un’altra. Questa app, in base agli esiti degli esami eseguiti dal paziente, può segnalare se la terapia è corretta o se deve essere rivista”.