Nel 2020 si è leggermente ridotta la percentuale di personale medico e non medico che esercita il diritto all’obiezione di coscienza all’esecuzione dell’interruzione di gravidanza. I valori restano tuttavia elevati: l’obiezione riguarda 2 ginecologi su 3 e quasi 1 anestesista su 2, con picchi superiori all’80% in alcune regioni. E’ uno dei dati che emerge dalla relazione del ministro alla Salute al Parlamento sull’attuazione della legge 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Secondo la relazione, nel 2020, la percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale è scesa al 64,6% rispetto al 67% dell’anno precedente. Esistono, tuttavia, ampie differenze regionali. Nella provincia autonoma di Bolzano esercita il diritto all’obiezione l’84,5% dei ginecologi, in Abruzzo l’83,8%, in Molise l’82,8%, in Sicilia l’81,6%, in Basilicata l’81,4%. I minori tassi di obiezione tra i ginecologi si riscontrano in Valle d’Aosta (25%), nella Provincia autonoma di Trento (35,9%) e in Emilia Romagna (45%). Più basso il tasso di obiezione tra gli anestesisti: nel 2020 è il 44,6% in lieve aumento rispetto al 43,5% del 2019. Anche in questo caso si registrano ampie differenze regionali: si va dal 20% della Valle d’Aosta al 75,9% della Calabria. Tra il personale non medico, l’obiezione si attesta al 36,2% (era al 37,6% nel 2019) con una forbice che va dal 13,3% della Valle d’Aosta al 90% del Molise. “Permane elevato il numero di obiettori di coscienza per tutte le categorie professionali sanitarie, in particolare per i ginecologi (64,6%). L’organizzazione dei servizi Ivg deve essere tale che vi sia un numero di figure professionali sufficiente da garantire alle donne la possibilità di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, come indicato nell’articolo 9 della legge n. 194/78. Questo dovrebbe essere garantito dalle Regioni, per tutelare il libero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e l’accesso ai servizi Ivg e minimizzare l’impatto dell’obiezione di coscienza nell’esercizio di questo diritto”, ha scritto nelle conclusioni alla relazione il ministro della Salute, Roberto Speranza.
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