La Corte di giustizia riconosce il diritto a ferie retribuite, trattamento pensionistico e tutele assistenziali pari ai magistrati ordinari e ritiene incompatibile con il diritto dell’Ue il rinnovo degli incarichi a termine, pratica da sanzionare. L’Italia si adegui.
Diritto alla piena equiparazione giuridica a fini assistenziali e previdenziali dei giudici di pace alla magistratura ordinaria e illegittimità dei reiterati incarichi a termine in luogo di un rapporto di lavoro stabile. Lo ha deciso la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 7 aprile 2022 (causa C‑236/20), stabilendo che la normativa italiana è in contrasto con il diritto dell’Unione se crea un trattamento differente, con riguardo alla previdenza e all’assistenza sociale, tra i giudici di pace, riconosciuti come lavoratori dipendenti, e la magistratura ordinaria. “L’importanza della sentenza – commentano gli avvocati campani Giovanni Romano, Egidio Lizza e Luigi Serino, che si sono occupati del caso – risiede nel riconoscimento di un palese contrasto tra le direttive Ue in materia di lavoro subordinato e le norme nazionali che, da oltre vent’anni, non prevedono per i giudici di pace il diritto alle ferie retribuite, né un regime assistenziale e previdenziale, ivi compresa la tutela della salute, della maternità e della famiglia, analogamente a quanto previsto per i magistrati ordinari”.
Normativa illegittima
La pronuncia, inoltre, qualifica il giudice di pace come lavoratore a tempo determinato che, sempre in base alla normativa Ue, non può vedere regolato il rapporto lavorativo in base a reiterati incarichi a tempo. La normativa italiana, dunque, si presenta – ad avviso della Corte di giustizia – illegittima anche nella misura in cui consente di rinnovare, fino a tre volte, l’incarico pluriennale conferito, dando così luogo ad una reiterazione abusiva dei rapporti di lavoro a termine, vietata dalle direttive Ue. Anzi, i giudici europei ritengono doverosa l’introduzione, nel sistema interno, della possibilità di sanzionare, in modo effettivo e dissuasivo, detto rinnovo abusivo. “Ciò apre ampio spazio – concludono i legali – all’introduzione di azioni risarcitorie e alla rideterminazione dei trattamenti pensionistici, ma quel che maggiormente conta è che i principi giuridici così delineati dirigono in senso diametralmente opposto a quanto sino ad oggi concretamente fatto dal ministero della Giustizia, per il quale si impone un cambio di passo”. In ottemperanza a tale pronuncia, è probabile che lo Stato italiano dovrà ora adeguarsi, sia ripianando il trattamento discriminante utilizzato nel passato per tali giudici, e in generale per la magistratura onoraria, sia conformando per il futuro la propria legislazione al principio di equivalenza con la magistratura ordinaria, richiesto in ambito europeo.