Sono i più rari tra i malati rari: privi anche solo del nome della loro malattia. I pazienti senza diagnosi sono oltre 100.000 in Italia. A loro è dedicata la giornata mondiale del 30 aprile. Grazie ai nuovi strumenti di analisi genetica e genomica, l’ospedale pediatrico Bambino Gesù è riuscito in 10 anni a dare il nome alla malattia di 1.000 bambini, identificando circa 80 nuovi geni-malattia. Se ne parla oggi nel corso di un convegno online promosso dall’ospedale insieme all’Osservatorio malattie rare e alla Fondazione Hopen. “La rivoluzione tecnologica degli ultimi anni – afferma il direttore scientifico del Bambino Gesù Bruno Dallapiccola – ci consentirà di ridurre drasticamente i tempi di attesa dei pazienti ancora privi di diagnosi. Sarà possibile puntare sulla medicina di precisione per trovare soluzioni terapeutiche fino a pochi anni fa impensabili”. 

I malati rari senza diagnosi in Italia

Secondo il National Institutes of Health (NIH), la percentuale di pazienti senza diagnosi sulla popolazione generale dei malati rari è pari al 6%. In Italia, su circa 2 milioni di persone affette da malattie rare, i pazienti rari senza diagnosi sarebbero dunque oltre 100.000. La percentuale di pazienti “orfani” di diagnosi sale al 40-50% se si considerano solamente i malati rari pediatrici con disabilità mentale e quadri sindromici. L’odissea diagnostica dei malati rari è fatta di ripetuti esami, ricoveri e visite specialistiche in diversi centri, che comportano un ritardo medio nella diagnosi di circa 5 anni e una diagnosi sbagliata in un caso su tre. La difficoltà o l’assenza della diagnosi è dovuta principalmente alla “rarità” della malattia (l’85% delle malattie rare ha una frequenza inferiore a 1 caso per milione), alla manifestazione clinica aspecifica della patologia o atipica rispetto a patologie già note, all’associazione tra due o più malattie rare, all’occasione di nuove malattie mai finora diagnosticate. Una risposta importante viene dai nuovi strumenti di analisi genetica e genomica (NGS, Next Generation Sequencing), che grazie alla rivoluzione tecnologica degli ultimi 20 anni consentono oggi di ottenere un’enorme quantità di informazioni sul patrimonio genetico individuale e familiare, con tempi e costi estremamente ridotti rispetto al recente passato. 

Il Bambin Gesù e i malati rari senza diagnosi 

Negli ultimi 10 anni l’ospedale pediatrico Bambino Gesù ha attivato diversi percorsi clinici e progetti di ricerca dedicati alle malattie rare senza diagnosi. Si è partiti nel 2013 con le analisi genomiche realizzate in collaborazione con il Beijing Genomics Institute di Shenzhen, in Cina. Nel 2015 è stato lanciato il programma di ricerca Vite coraggiose, finanziato dalla Fondazione Bambino Gesù Onlus e dal ministero della Salute, destinato ai pazienti affetti da malattie “senza nome”. L’ospedale si è dotato delle più moderne apparecchiature di sequenziamento genomico. Nel 2016, all’interno dell’Unità operativa di malattie rare e genetica medica, il Bambino Gesù ha attivato l’ambulatorio dedicato ai pazienti rari senza diagnosi, primo in Italia nel suo genere. L’ambulatorio opera sia a distanza, attraverso l’esame della documentazione trasmessa da altri centri o dalle famiglie dei pazienti con sospetta malattia rara, che in presenza, attraverso prestazioni cliniche ambulatoriali, day hospital e ricoveri ordinari. Nel 2018, l’area di ricerca di genetica e malattie rare si è fatta promotrice di una Rete italiana dedicata alla discussione dei casi clinici non risolti che oggi è composta 27 centri. Nello stesso anno l’ospedale è entrato a far parte delle Reti di riferimento europee per le malattie rare (ERN), divise per gruppi di patologie, ed oggi è il Centro pediatrico europeo più presente (20 Reti su 24). Nel 2020, con il Laboratorio di genetica medica il Bambino Gesù è riuscito a potenziare la propria capacità diagnostica trasferendo nella pratica clinica dei pazienti rari il sequenziamento genetico dell’esoma, vale a dire la parte del genoma in cui sono localizzati i geni “difettosi” responsabili delle principali malattie. 

Numeri e risultati 

L’ambulatorio dedicato alle malattie rare senza diagnosi ha preso in carico dalla sua nascita più di 1.600 pazienti, 400 solo nell’ultimo anno, circa il 10% del totale dei casi di pazienti rari senza diagnosi seguiti dall’ospedale. Nel 2016 raggiungevano una definizione diagnostica solo il 30% di questi pazienti, oggi la percentuale arriva al 70%. L’area di ricerca di genetica e malattie rare con i suoi progetti e le Reti di collegamento ha trattato circa 900 pazienti pediatrici rari senza diagnosi (877) riuscendo a formulare una risposta diagnostica nel 60% dei casi (514 pazienti). Il Laboratorio di genetica medica dal 2020 ha eseguito il sequenziamento dell’esoma di 700 pazienti, giungendo a una diagnosi nel 65% dei casi (455). Complessivamente, sono quasi mille (970) i bambini con patologie rare senza diagnosi a cui l’ospedale è riuscito a dare un nome, primo passo fondamentale verso la terapia, arrivando a identificare grazie alle indagini genomiche circa 80 nuovi geni-malattia. 

Il convegno 

Oggi, in vista della giornata mondiale dedicata ai malati rari privi di diagnosi del 30 aprile, si terrà il convegno online Malattie senza nome – I fantasmi delle malattie rare. L’iniziativa è stata organizzata dallOsservatorio malattie rare (OMaR) insieme al Bambino Gesù e alla Fondazione Hopen, che collabora con l’ospedale dal 2016. L’incontro farà il punto sui bisogni dei pazienti, sia di tipo scientifico che di tipo socio-sanitario. Sarà possibile seguire il convegno a partire dalle 10 sui canali Facebook e Youtube di OMaR. “Grazie all’evoluzione delle tecnologie per gli esami genetici ed esomici – spiega il professor Bruno Dallapiccola, direttore scientifico del Bambino Gesù – oggi riusciamo a fornire una diagnosi in due terzi dei casi di pazienti rari non diagnosticati. L’obiettivo è quello di ridurre i tempi di attesa dagli attuali 5 anni di media a circa 1 anno. Sarà possibile puntare sempre di più sulla medicina di precisione per trovare soluzioni terapeutiche fino a pochi anni fa impensabili, migliorando le aspettative di vita anche in termini di qualità”.