Il tema della nutrizione è particolarmente rilevante per il fegato, che costituisce la centralina metabolica, l’organo che permette di ricevere tutte le sostanze acquisite nei pasti e di smistarle nell’organismo. Il suo ruolo cruciale va in crisi se l’organo è malato, una conseguenza che può verificarsi nel caso in cui non si segua uno “stile di vita sano” caratterizzato da una corretta alimentazione, consumo moderato di alcol e adeguata attività fisica. Un’alimentazione in eccesso accumula grasso nel fegato, e nel 5-10% dei casi può portare a una cirrosi epatica: visto che in questo periodo storico i soggetti che accumulano grasso sono milioni, gli effetti si riflettono anche sull’epidemiologia delle malattie del fegato.

Aumento del consumo di alcol

Nel periodo pandemico, secondo i dati Passi d’Argento dell’Istituto superiore di sanità, il 57% degli adulti di età 18-64 anni ha dichiarato di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista. Complessivamente il 17% degli intervistati ha fatto un consumo di alcol a maggior rischio per la salute, per quantità e modalità di assunzione: il 3% ne ha fatto un consumo abituale elevato, superando le soglie di consumo medio giornaliero indicate dalle linee guida internazionali, l’8% risulta un binge drinker e un altro 9% ha consumato prevalentemente alcol fuori pasto. Il consumo di alcol a rischio resta una prerogativa delle classi socialmente più avvantaggiate, per reddito o per istruzione, residenti nel Nord Italia ed è maggiore fra gli uomini.

Cresce il binge drinking

Cresce anche il binge drinking con oltre 4 milioni di consumatori hanno abusato nel 2020, 930mila tra gli 11 e i 25 anni di età, con 120mila minori intossicati. “Durante la pandemia c’è stato un aumento nel consumo di alcolici misurato dalle vendite, che ha portato a un aumento dei ricoveri per epatite alcolica negli Usa e a un incremento dei casi di trapianto di fegato per malattie alcol correlate in Nord Europa – ha sottolineato il professor Alessio Aghemo, segretario Aisf nel corso del recente congresso nazionale –. In Italia non abbiamo ancora dati aggiornati, ma è ragionevole supporre che vi sia un impatto prolungato nel tempo. L’incremento delle complicanze probabilmente si verificherà nei prossimi 5-10 anni, poiché queste non sempre sono acute, e talora richiedono molto tempo per emergere”.

Per il video servizio:https://youtu.be/e7lMFPtl3M8