Un dermatologo potrebbe ritrovarsi a dover intubare i pazienti. Un otorinolaringoiatra a rianimarli. Un medico non specializzato ad occuparsi della ventilazione non invasiva. Un ginecologo dei traumi da incidente stradale. “Non è assistenza sanitaria di guerra, ma quello in cui qualsiasi cittadino italiano potrebbe imbattersi recandosi in uno dei tanti Pronto soccorso che si sono affidati a cooperative, medici non specializzati e libero professionisti per far fronte alla carenza di medici di emergenza-urgenza”. Lo denuncia Cimo-Fesmed. Il ricorso a medici esterni nei pronto soccorso non ha più i caratteri dell’urgenza e della straordinarietà, ma si è diffuso a macchia d’olio nella maggior parte degli ospedali italiani per evitare la chiusura dei presìdi, a scapito della qualità e della sicurezza delle cure: solo per fare qualche esempio, in Veneto 18 pronto soccorso su 24 si affidano a medici esterni; in Liguria affidarsi alle coop fa parte dell’ordinarietà; in Sardegna i pronto soccorso di Oristano e di Ghilarza sono retti da cooperative, destinate nel prossimo futuro ad occuparsi di tutti gli ospedali periferici; in Trentino Alto Adige le cooperative non sono ancora arrivate, ma si inizia a reclutare libero professionisti non specializzati; anche in Valle d’Aosta e in Molise cominciano ad affacciarsi le coop; i turni in pronto soccorso sono coperti dalle cooperative anche in Piemonte e in tutte le aree vaste ASUR delle Marche.
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