di Alberto Izzotti, professore ordinario di igiene e medicina preventiva, Scuola di medicina, Università di Genova, direttore Uoc mutagenesi ambientale e prevenzione del cancro, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Genova.

La pandemia da Covid-19 è un problema complesso che deve quindi essere affrontato con strategie complesse e coordinate. La vittoria contro la pandemia non può quindi essere ottenuta con l’attuazione di singole misure di contrasto ma solo con un approccio coordinato di misure in grado di agire sui molti punti critici che permettono la diffusione del virus Sars-CoV-2 nella specie umana. Indubbiamente, volendo dare un ordine di priorità alle diverse misure di contrasto, la vaccinazione è una misura prioritaria certamente necessaria ma non sufficiente da sola e contrastare la diffusione del virus. Il contrasto alla diffusione del virus è una priorità poiché la circolazione su grande scala, se perpetrata, permetterebbe la generazione di nuove varianti. SARS-CoV-2 è infatti un virus ad acido nucleico instabile (RNA) caratterizzato da una buona frequenza di mutazione. Tale frequenza non è così elevata come accade per altri virus a RNA caratterizzati da RNA frammentato (virus dell’influenza); è necessario quindi che siano colpiti molti milioni di soggetti perché si generino varianti. Il controllo della diffusione del virus può essere raggiunto tramite l’uso integrato di strategie e strumenti di prevenzione non solo specifici ma anche aspecifici.

Il vaccino è la paradigmatica e fondamentale misura di profilassi attiva specifica

Il termine ‘attiva’ indica appunto l’attivazione del sistema immunitario del ricevente che viene indotto dalla somministrazione dell’antigene vaccinale ad avviare il processo di risposta immunitaria che porterà alla produzione di immunoglobuline umorali ed alla memoria immunologica. La vaccinazione ha alcune caratteristiche intrinseche che la rendono uno strumento fondamentale ma non solitario nella prevenzione delle malattie infettive. Il vaccino in prima somministrazione (risposta primaria) ha bisogno di circa 40 giorni per evocare la produzione di anticorpi protettivi; in tale periodo il soggetto ricevente è suscettibile all’infezione. Questa situazione rende molto efficace l’intervento vaccinale se usato prima dell’insorgere dell’evento epidemico per prevenirlo, meno efficacie se usato per contrastare un’epidemia già conclamata. Altro elemento è la risposta anticorpale caratterizzate di immunoglobuline umorali. Infatti il vaccino, essendo somministrato per via parenterale (iniezione) evoca la formazione di anticorpi nel sangue del soggetto ricevente e in altri distretti immunocompetenti (es linfonodi) ma non nelle sedi di ingresso del virus che sono le mucose esterne rinofaringee. Questo fa sì che il ciclo vaccinale completo contro Covid-19 sia molto efficace nel ridurre il rischio di complicanze sistemiche sugli organi interni (polmonite) (indice di protezione 95%) meno efficacie (indice di protezione 65%) nel diminuire la possibilità di infezione. Il vaccino è una misura specifica cioè molto efficace contro la variante antigenica verso cui è disegnato, meno contro eventuali nuove varianti dette appunto ‘escape mutant’.

Le profilassi aspecifica ed ambientale

Per il controllo della circolazione del virus SARS_CoV-2 è pertanto utile e necessario che le misure di profilassi specifica siano affiancate da misure di profilassi aspecifica ed ambientale. Questo approccio in medicina preventiva viene denominato ‘dogma delle complementarietà’ intendendosi con questo termine il fatto che le misure di prevenzione vanno usate tutte insieme in modo complementare. Dal punto di vista applicativo questo significa ad esempio che, per raggiungere la massima efficacia di prevenzione possibile, il soggetto vaccinato deve anche fare misure di profilassi aspecifica. La profilassi aspecifica comprende misure distinte in individuali e collettive. Quelle individuali sono applicate ai singoli soggetti e comprendono l’uso dei dispostivi di protezione individuale e la chemioprofilassi. I dispositivi di protezione individuale (mascherine, tute, guanti, calzari) limitano la diffusione dell’aerosol che veicola il virus emesso dalle mucose orofoaringeee durante gli atti espiratori. La limitazione dell’immissione della carica virale è realizzata tramite il controllo della numerosità e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali. Questi approcci trovano però un valido complemento nell’utilizzo dei dispositivi di protezione collettiva. Le vigenti disposizioni legislative indicano infatti che l’utilizzo dei dispositivi di protezione collettiva (DPC) deve applicarsi prioritariamente rispetto a quello dei dispositivi di protezione individuali (DPI) (DLGS 81/08, art. 15,75). In particolare, l’art.15 comma i del citato Dlgs afferma ‘la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale” nella logica che non esiste un’unica soluzione ma risulta vincente l’applicazione d’insieme razionale degli strumenti a disposizione.

Dalla pandemia la strutturazione di procedure preventive

Le misure di contenimento delle malattie areodiffusibili in ambienti chiusi controllati hanno carattere di aspecificità, sono cioè efficaci non contro un solo patogeno od una sua specifica variante, bensì contro molte varianti e contro molti patogeni. La situazione attuale rappresenta quindi una grande opportunità: l’esperienza accumulata a causa della pandemia da Covid-19 potrebbe, se ben sfruttata, portare alla strutturazione di procedure preventive in grado di diminuire stabilmente il rischio di contagio areodiffusibile negli ambienti confinati. La tecnologia mette oggi a disposizioni apparati in grado di migliorare la qualità dell’aria negli ambienti confinati, soprattutto dal punto di vista microbiologico. Tali apparati sono genericamente identificati come sanificatori dell’aria indoor. Tuttavia tale termine generico indica una grande quantità di apparati piuttosto eterogenei tra loro. Non vi è dubbio che l’utilizzo dei sanificatori indoor rappresenti una grande opportunità per la medicina preventiva. La carica areoediffusa patogena può infatti essere abbattuta: (a) limitandone l’immissione con l’uso di DPI o diminuendo il numero di persone che insistono sullo stesso ambiente confinato; (b) diluendo la carica stessa mediante aumento del volume d’aria; questo obiettivo può essere raggiunto aumentando il cubo dell’ambiente aumentandone superficie e soprattutto altezza dei soffitti oppure aumentando al quota di ventilazione; (c) utilizzando un sanificatore.

La limitazione dell’immissione della carica areodiffusa ha diversi limiti applicativi che sono culminati nel blocco dell’accesso ai locali confinati pubblici che è stata vigente durante il ‘lock down’ realizzato nelle acuzie delle ondate pandemiche da Covid-19. La chiusura dell’accesso ai locali è una misura emergenziale estrema che potrebbe essere evitata o quanto meno ritardata dall’utilizzo dei sanificatori indoor. Anche l’aumento del volume d’aria non è sempre facilmente applicabile: sono infatti necessari grandi lavori infrastrutturali spesso molto difficili e costosi, certamente non realizzabili in tempi rapidi in situazioni epidemiche emergenziali. Inoltre in molte aree la qualità dell’aria outdoor è peggiore rispetto a quella dell’ambiente indoor. Gli esempi maggiori di questa situazione si verificano ad esempio in Italia nella pianura Padana, uno dei siti europei caratterizzati da uno dei più alti livelli di inquinamento ambientale areodiffuso.

L’utilizzo dei sanificatori

L’utilizzo dei sanificatori rappresenta un valido strumento per risolvere entrambi questi problemi e cioè sia per migliorare la qualità dell’aria dal punto di vista chimico-fisico che microbiologico. Dal punto di vista chimico-fisico, uno dei maggiori inquinanti è rappresentato dal particolato fine con particelle di diametro inferiore ai 5 micron. Tali piccole particelle sono in grado di superare le difese che proteggono il nostro apparato respiratorio e di raggiungerne le profondità dove attivano meccanismi patogenetici alla base di malattie quali l’asma e la bronchite cronica. E’ interessante notare che recentemente la International Agency for Research on Cancer dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato il particolato fine tra i cancerogeni polmonari certi per l’uomo. I sanificatori sono in grado di ridurre in modo molto significativo il particolato fine nell’ambiente indoor tramite il ripetuto passaggio dell’aria in filtri caratterizzati da pori ridotti e soprattutto da canali molto convoluti in grado pertanto di intrappolare il particolato fine abbattendone in modo rilevante la concentrazione nell’aria nell’ambiente confinato. Dal punto di vista microbiologico lo stesso principio (intrappolamento per filtrazione) può essere utilizzato per intrappolare microrganismi di dimensioni rilevanti quali i batteri, che hanno dimensioni analoghe a quello del particolato fine e cioè intorno ai 3 micron. I batteri sono causa di malattie molto temibili che tipicamente si diffondono in locali chiusi non sanificati quali la tubercolosi, la meningite, la polmonite. Questa situazione ambientale configura rischi ancora più elevati quando a frequentare l’ambiente confinato sono soggetti fragili quali malati, anziani o bambini come rispettivamente accade in ospedali, residenze protette, scuole.

Recentemente sono state realizzate ricerche per valutare la possibilità di arrestare la diffusione ambientale del virus SARS-CoV-2 mediante sanificazione dell’aria indoor. E’ stato dimostrato dalla nostra Università (Università di Genova) che alcuni apparecchi sanificanti, inclusi quelli a filtrazione, sono particolarmente efficaci in merito. Questa situazione si realizza grazie alla carica elettrica negativa che si viene a formare sui filtri dei sanificatori di elevata qualità; tale carica è in grado di intrappolare le componenti esterne del virus caratterizzate da una carica elettrica fortemente positiva. SARS-Cov-2 è tra i virus più dotati in questo senso: è infatti proprio l’elevatissima elettrofilicità della sua spike protein che lo rende così contagioso ed in grado di legarsi rapidamente ai recettori delle cellule bersaglio. Questa situazione permette ai sanificatori di qualità di abbattere in modo totale la carica virale areodiffusa presente nell’aria di un ambiente confinato.

Mancanza di linee guida per l’accreditamento

Il maggiore limite all’utilizzo dei sanificatori indoor come pratica preventiva è correlato alla mancanza di linee guida per l’accreditamento e la verifica della reale efficacia di tali dispositivi. In mancanza di norme e linee guida, solo i sanificatori valutati per la loro efficacia in condizioni sperimentali rigorosamente controllate sono da ritenersi strumenti efficaci per la prevenzione delle malattie areodiffusibili. Soprattutto Covid-19 pone dei problemi a riguardo: infatti non è facile disporre di laboratori autorizzati in grado di maneggiare in sicurezza questo virus. Tuttavia questo è necessario e possibile sebbene non particolarmente frequente. Sono infatti oggi ancora pochissimi i sanificatori testati da enti accreditati per la loro capacità di abbattere realmente le cariche virali areodiffuse del virus SARS-CoV-2. L’Università di Genova ha realizzato a questo proposito uno studio che si è protratto per molti mesi per verificare in condizioni rigorosamente controllate la capacità dei sanificatori della Fellowes di abbattere efficacemente il virus. I risultati di molti esprimenti ripetuti hanno indicato che la qualità di tali dispositivi e il loro principio di funzionamento è tale da classificarli come un efficace strumento applicabile alla prevenzione delle malattie infettive areodiffusibili negli ambienti confinati, ivi inclusa la prevenzione della malattia da Covid-19. E’ importante che l’utenza, così come gli organi normativi e di controllo, prendano coscienza dell’importanza della profilassi aspecifica delle malattie infettive areodiffuse mediante l’applicazione di dispositivi di protezione collettiva. E’ però necessario che tali dispositivi siano attentamente controllati da enti terzi che ne certifichino la qualità e l’efficacia come strumenti di medicina preventiva. E’ certo che nei prossimi anni altre ondate pandemiche si verificheranno, come ad esempio accade annualemnte per le malattie da Orthomyxoviridae (Influenza), oppure per l’insorgere di nuovi ‘escape mutant’ (varianti) del virus SARS-CoV-2. E’ auspicabile che l’esperienza e le conoscenze scientifiche accumulate negli ultimi due anni ci consentiranno di affrontare finalmente tali situazioni non con misure restrittive passive come il lock down bensì’ con efficaci interventi di prevenzione attiva negli ambienti confinati quale appunto l’installazione di sanificatori d’aria accreditati.