#finiscequi: un hashtag evocativo che richiama un impegno. Quello di rifiutare d’ora in poi ogni affermazione lesiva basata su genere, etnia, orientamento sessuale, disabilità, età, religione o altri fattori identitari. Si ispira a questo principio la campagna di comunicazione che l’Università di Trento ha lanciato all’interno delle proprie sedi accademiche e sui social istituzionali in occasione della Giornata internazionale della donna. Aule, sale lettura, laboratori e spazi comuni sono state allestite con manifesti in cui sono riportate frasi comuni, che ad una prima lettura appaiono neutre e inoffensive, ma che contestualizzate e specificate svelano discriminazioni, esclusioni, molestie. Frasi che possono causare disagio, escludere, discriminare, emarginare. Per sensibilizzare su questo tema l’ateneo ha ideato e stampato centinaia di locandine con una trentina di soggetti diversi, oltre a qualche migliaio di segnalibri, in distribuzione nelle varie sedi delle biblioteche universitarie. A questi materiali si aggiungono i volantini da appendere sulle bacheche con il talloncino da staccare per conservare il numero di telefono del servizio della Consigliera di fiducia di ateneo.

La campagna

“Ma su, fattela una risata, no? Era solo una battuta! Non si può proprio più dire niente! Sono frasi che spesso si pensano o si sentono dire ad alta voce. Prestare attenzione alle parole è un esercizio complesso, quotidiano, che richiede lo sforzo di mettersi nei panni della persona a cui quella “battuta” viene rivolta – si legge nella presentazione della campagna sul sito di ateneo alla pagina unitn.it/finiscequi – . Riflettere sulle frasi che pronunciamo, sui significati espliciti o impliciti che acquistano, è quindi una pratica indispensabile, il primo passo per costruire uno spazio di studio e lavoro inclusivo e aperto”.

L’Università è una comunità, un’istituzione vocata alla formazione delle nuove generazioni, alla ricerca, alla conoscenza e al benessere lavorativo, un luogo in cui il contrasto ad ogni forma di discriminazione, il rispetto delle differenze e l’accoglienza devono trovare casa. Lo spiega la prorettrice per le politiche di equità e diversità, Barbara Poggio: “Negli ultimi anni l’Università ha lavorato in maniera significativa sul piano della parità di genere, ma anche del contrasto alla violenza e alle molestie. Ci è sembrato importante, oltre alle prese di posizione istituzionali, alle dimensioni più formali, sensibilizzare l’ateneo e il territorio. Abbiamo pensato che una campagna di informazione potesse essere una delle risposte possibili a questa esigenza. Con questa campagna vogliamo dare un segnale forte: l’ateneo cerca di evitare questo tipo di situazioni e invita la società tutta a porre attenzione all’uso del linguaggio”.

Svelare le discriminazioni

La campagna di sensibilizzazione è un modo per svelare le discriminazioni contenute nel linguaggio quotidiano, ma anche per informare la comunità studentesca e accademica sulla possibilità di rivolgersi alla consigliera di fiducia, una figura di supporto, interna all’ateneo, che svolge un ruolo di ascolto e mediazione, garantendo riservatezza e anonimato. “È una figura a cui possono rivolgersi le persone che studiano e lavorano in ateneo e che ritengano di aver subito situazioni di violenza, di molestie, di straining (stress forzato sul luogo di lavoro), di mobbing, di discriminazione. È importante che tutta la comunità accademica conosca questa opportunità. Per questo abbiamo pensato di predisporre dei volantini che vengono collocati nelle bacheche e che sono un elemento ulteriore di informazione”.