Benefici duraturi di sopravvivenza e tassi di risposta, oltre a miglioramenti della qualità di vita correlata allo stato di salute, con l’associazione di nivolumab e cabozantinib rispetto a sunitinib nel trattamento di prima linea del carcinoma a cellule renali avanzato (RCC). Sono i risultati del follow-up a due anni (minimo 25,4 mesi; mediana di 32,9 mesi) dalle analisi dello studio di fase 3 checkmate -9er, dimostrando questi risultati aggiornati saranno presentati in due poster al genitourinary cancers symposium dell’american society of clinical oncology (asco) 2022, annunciati da Bristol Myers Squibb e Ipsen.

I nuovi dati

“I nuovi dati dallo studio CheckMate -9ER, che valutano nivolumab e cabozantinib, sono significativi per i pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato di prima linea perché forniscono ulteriore prova dei benefici di efficacia oltre a risultati favorevoli sulla qualità di vita riferita dai pazienti trattati con questa associazione – afferma Toni Choueiri, direttore del Lank Center for Genitourinary Oncology al Dana-Farber Cancer Institute e Jerome e Nancy Kohlberg professor of medicine alla Harvard Medical School -. Come medici, siamo continuamente alla ricerca di terapie che possano aiutare sempre più pazienti a gestire la malattia senza riportare un peggioramento nella loro qualità di vita”. Con un follow-up mediano di 32,9 mesi (minimo 25,4 mesi), nivolumab in associazione a cabozantinib (n=323) continua a mostrare una superiorità in sopravvivenza globale (OS), sopravvivenza libera da progressione (PFS), tasso di risposta obiettiva (ORR), durata della risposta (DoR) e risposta completa (CR) rispetto a sunitinib (n=328). Non sono emersi nuovi segnali di sicurezza con l’estensione del follow-up. All’analisi finale della OS, nivolumab in associazione a cabozantinib ha continuato a mostrare miglioramenti clinicamente significativi nella OS mediana (37,7 mesi vs. 34,3 mesi), e ha dimostrato una riduzione del 30% del rischio di morte (Hazard Ratio [HR] 0,70; 95% Intervallo di Confidenza [IC]: 0,55 – 0,90) rispetto a sunitinib.
PFS: i benefici della PFS sono stati mantenuti, con l’associazione che continua a raddoppiare la PFS mediana rispetto a sunitinib (16,6 mesi vs. 8,3 mesi, rispettivamente; HR 0,56; IC 95%: 0,46 – 0,68). I benefici di ORR sono stati sostenuti, con quasi il doppio dei pazienti che risponde a nivolumab in associazione a cabozantinib vs sunitinib (55,7% vs 28,4%). Le risposte erano anche più durature con la combinazione, con una DoR mediana di 23,1 mesi, rispetto a 15,1 mesi con sunitinib.

I benefici

In un’analisi separata dello studio CheckMate -9ER con un follow-up mediano di 32,9 mesi, i pazienti hanno continuato a riportare benefici clinicamente significativi nella qualità di vita correlata allo stato di salute (HRQoL) con nivolumab in associazione a cabozantinib rispetto a sunitinib. I punteggi di HRQoL sono migliorati o mantenuti nel tempo tra i pazienti trattati con l’associazione, mentre una riduzione dei punteggi è stata osservata con sunitinib. Inoltre, coloro che hanno ricevuto nivolumab in associazione a cabozantinib avevano il 48% in meno di probabilità di essere particolarmente disturbati dagli effetti collaterali del trattamento rispetto ai pazienti nel braccio di sunitinib. Questi outcome esplorativi sono stati misurati utilizzando il Functional Assessment of Cancer Therapy Kidney Symptom Index-19 (FKSI-19), uno strumento specifico per misurare la qualità di vita in pazienti con tumore del rene, ed il questionario EQ-5D-3L. I risultati di queste analisi dello studio CheckMate -9ER forniscono ulteriori evidenze cliniche a supporto di nivolumab in associazione a cabozantinib come importante trattamento di prima linea per i pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato che possono beneficiare di un regime di immunoterapia più un inibitore delle tirosin-chinasi – afferma Dana Walker, vicepresident, development program lead, genitourinary cancers, Bristol Myers Squibb -. Questi risultati esemplificano la natura collaborativa del nostro approccio alla ricerca e sviluppo, e dimostrano come stiamo lavorando nel panorama sanitario per esplorare come le nostre terapie potrebbero funzionare con meccanismi di azione potenzialmente complementari per aiutare più pazienti a raggiungere risultati migliori e più duraturi”.