Nell’adunanza del 26 novembre scorso, la Regione Piemonte ha approvato il Programma di screening regionale gratuito per prevenire ed eradicare il virus dell’Epatite C (HCV) ed ha approvato il protocollo operativo per le operazioni di screening che ogni singola Asl piemontese dovrà seguire. Ha inoltre demandato alle aziende sanitarie regionali l’attuazione di questo programma di screening e con un provvedimento successivo ha disposto l’assegnazione delle risorse economiche, circa 5,5 milioni di euro. La delibera, pubblicata il 9 dicembre sul bollettino ufficiale regionale, ha trattato anche le modalità operative da adottare, le indicazioni per la formazione del personale e per l’informazione della popolazione, le indicazioni per il report di tutti i flussi analitici e per la compilazione delle schede di monitoraggio. In Piemonte, sono circa 1,1 milioni i soggetti nati tra il 1969 e il 1989 che potrebbero essere sottoposti agli screening con i fondi disponibili.

Il professor Stefano Bonora.

In Piemonte i centri infettivologici e altre realtà ospedaliere sono già operativi nell’attività di screening per l’Epatite C. Persistono i problemi causati dalla pandemia, come il numero limitato di posti letto per pazienti extra-Covid. “In epoca pre-Covid, i centri di prescrizione hanno terminato la cura di tutti i pazienti in carico, passando quindi a quelli che non sapevano di essere infetti o che, pur sapendolo, non erano comunque in terapia – spiega il professor Stefano Bonora –. Il Covid ha inevitabilmente rallentato il processo di emersione del sommerso. Oggi con i nuovi fondi abbiamo un’occasione importante, ma agli screening va affiancato il linkage-to-care, affinché i soggetti positivi siano indirizzati verso strutture apposite, per avviarle ai trattamenti con le dovute tempistiche e priorità. Abbiamo realizzato un’ottima collaborazione con i SerD, dove lavorano anche specialisti infettivologi che hanno agevolato il trattamento dei pazienti più difficili da raggiungere. Il lavoro con l’istituto penitenziario di Torino ha permesso di sottoporre a screening tutti i detenuti e di trattare i positivi all’HCV. Vi sono anche rapporti solidi con i medici di medicina generale, sebbene i risultati siano legati a iniziative specifiche. In breve, modelli e collaborazioni già esistono: adesso è necessario strutturarli e uniformarli, per passare dalle iniziative dei singoli gruppi o di contesti geografici specifici a una rete valida per tutta la regione Piemonte”.

Per il video servizio:https://youtu.be/RR8o_b7d7Ko