I vaccini riducono il rischio di sviluppare Covid-19, ma diversi studi  attualmente al vaglio delle autorità non sono concordi sulla loro capacità di difendere dalla cosiddetta sindrome long Covid, caratterizzata da una serie variabile di sintomi, dall’affaticamento estremo alla “nebbia” mentale e all’affanno respiratorio.  Non si hanno quindi ancora certezze sul rapporto vaccini e long Covid, ma quello che è sicuro è che in alcuni casi certi sintomi possono permanere a lungo anche in chi è stato precedentemente vaccinato. Per un recupero ottimale diventa necessario un percorso terapeutico con un approccio multispecialistico. Un adeguato programma di riabilitazione personalizzata (respiratoria e motoria), l’introduzione di supporti nutrizionali a base di vitamine e aminoacidi, associati a un corretto stile di vita, rappresentano al momento l’approccio principale alla sindrome post-Covid.

Le ricerche dell’ospedale Cotugno di Napoli

“Il Covid-19 non è solo una semplice polmonite” spiega il professor Giuseppe Fiorentino, primario del reparto di pneumologia “ma un’infezione multi-organo che attacca in particolare l’endotelio. Non è un caso, infatti, che i molti pazienti da noi seguiti da novembre ad oggi, ricoverati in sub-intensiva al Cotugno, soffrissero di danni all’endotelio, pur mostrando una buona saturazione, ma una bassa concentrazione di ossigeno.” La L-Arginina è un amminoacido fondamentale per la produzione di livelli adeguati di ossido nitrico dell’endotelio vascolare, indispensabile per la regolazione del flusso sanguigno e per la vasodilatazione. Esistono prove concrete che la disfunzione endoteliale sia uno dei principali meccanismi alla base dello sviluppo della patologia grave da Covid-19. Tuttavia, nessuno studio clinico aveva fino ad oggi dimostrato che un intervento mirato ad ottimizzare la funzione endoteliale potesse essere effettivamente utile a migliorare il decorso dei pazienti affetti da questa malattia. “Sulla base delle evidenze scientifiche a supporto e degli iniziali riscontri positivi ottenuti dalla supplementazione di L-Arginina nella terapia Covid, abbiamo sentito l’esigenza di dare inizio ad uno studio clinico, che ne dimostrasse l’effettiva efficacia” afferma Fiorentino. “Questo studio si è posto come obiettivo primario la valutazione della riduzione del supporto respiratorio nei pazienti ricoverati in sub-intensiva e affetti da Covid severo non associato a linfocitopenia”.

Lo studio

Lo studio, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, che nella sua analisi ad interim ha determinato l’arruolamento di 100 pazienti, ha evidenziato come già dopo 10 giorni dall’inizio della somministrazione, il trattamento con due flaconcini al giorno di Bioarginina (ciascuno contenente 1.66 grammi di L-arginina libera da sali) determini una riduzione del supporto respiratorio in oltre il 70% dei pazienti trattati, con un deciso miglioramento della funzionalità respiratoria. Questo ha comportato anche una riduzione nei tempi di degenza: 25 giorni rispetto a 46 di degenza media dei pazienti in trattamento con il placebo. “La ridotta permanenza in ospedale significa inoltre una minore esposizione ad ulteriori infezioni – continua il professor Fiorentino – poiché la L-Arginina agisce sia sulla risposta immunitaria che infiammatoria.” Inoltre, i benefici nel miglioramento della funzione endoteliale hanno avuto dei risvolti positivi anche nel lungo periodo, nei soggetti affetti da Long Covid. “Abbiamo notato che tra i pazienti che avevano assunto L-Arginina, anche l’astenia si era marcatamente ridotta.” La dimostrazione, sia pur preliminare visto che lo studio è ancora in corso, che due flaconcini al giorno di Bioarginina per via orale in aggiunta alla terapia standard in pazienti ospedalizzati per Covid-19 possano migliorare sensibilmente il decorso della malattia da Covid-19 è di particolare importanza vista la penuria di trattamenti disponibili in questo tipo di pazienti e rappresenta una nuova frontiera per una gestione migliore dei pazienti Covid-19 basata su un solido razionale fisiopatologico. Lo studio condotto dall’ospedale Cotugno di Napoli, in collaborazione con l’Università Federico II e l’Albert Einstein College of Medicine di New York City, è stato pubblicato sulla testata di libero accesso di The Lancet (EclinicalMedicine).

Per intervenire sul long Covid servono dati dalle terapie intensive

A fronte dei recenti risultati dello studio condotto dall’ospedale Cotugno di Napoli, diversi centri nazionali – tra cui l’ospedale Gemelli di Roma – hanno iniziato la raccolta di dati sul ruolo dell’associazione di L-arginina e Vitamina C liposomiale nella riabilitazione e nel long-Covid. I primi riscontri arrivano dall’ospedale Triolo Zancla di Palermo. I dati, raccolti dal team di Giovanni Fazio, professore di medicina clinica e direttore del dipartimento di cardiologia, medicina interna angiologia e Long-term care, e pubblicati sulla rivista internazionale ‘Virology’, dimostrano che l’integrazione orale di due flaconcini al giorno Bioarginina C per 30 giorni migliora una serie di parametri relativi alle funzionalità fisiche dei soggetti affetti da long-Covid senza nessun effetto collaterale. In particolare, è stato riscontrato un miglioramento significativo dei parametri funzionali mediante l’uso di indici standard quali il test cardio-polmonare e il six minute walking test (6MWT). Bioarginina C grazie alla sua facile reperibilità, all’assenza di controindicazioni ed al basso costo, rappresenta un valido supporto naturale per contrastare i sintomi del long-Covid.