“L’assistenza territoriale integrata per gli oltre cinque milioni di italiani con patologie reumatologiche, di cui oltre 700mila colpite in forma severa e invalidante – spiega Antonella Celano, presidente Apmarr – oggi non esiste e ha bisogno di un robusto intervento migliorativo. Siamo stufi di essere trattati come delle palline da flipper che girano, spesso a vuoto, alla ricerca di diagnosi, assistenza e cure, cercando da soli di costruirci un personale filo rosso assistenziale. Gli aspetti strutturali e di sistema sono il primo problema da risolvere nella quasi totalità dei casi delle persone con malattie reumatiche. Occorre però adattare il nuovo modello di assistenza territoriale in base ai livelli di engagement del paziente, cioè al suo livello di coinvolgimento attivo nel proprio progetto terapeutico. Ciò che occorre potenziare – conclude Celano – è la cosiddetta “sanità d’iniziativa”, quella che va verso il cittadino e non lo aspetta in ospedale, con nuovi processi e piattaforme codificate e omogenee per le reti reumatologiche, usando le ingenti risorse messe a disposizione dalla missione 6 salute del Pnrr”.

I rapporti con i medici di medicina generale

“Buoni invece, secondo il 50% del campione, i rapporti con i medici di medicina generale e gli specialisti ma per 1 su 2 andrebbe migliorato il coinvolgimento nelle scelte di cura e per il 20% dei soggetti intervistati esiste anche una discrimina-zione nell’accesso alle cure – spiega Guendalina Graffigna, professore ordinario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore di EngageMinds HUB -. Comprendere le aspettative ed esigenze del paziente, non solo dal punto di vista medico-sanitario, ma anche in relazione ai loro livelli di coinvolgimento nella cura può permettere di meglio personalizzare l’assistenza, anche dal punto di vista psico-sociale, costruendo dei “cluster” di pazienti accumunati da esperienze, esigenze e livelli di engagement. Chi è più ingaggiato infatti beneficerà dell’offerta digitale via app e telemedicina; diversa invece sarà l’assistenza per pazienti non ingaggiati a sufficienza o addirittura in blackout, per i quali basterà intervenire sui servizi di base come assistenza al proprio domicilio e proattività”.

Per la video intervista: https://youtu.be/EZKCHTe3cVY