In occasione della Giornata mondiale del diabete, proclamata dall’Oms per il 14 novembre, è emerso un appello congiunto di specialisti di diverse discipline e medici di famiglia rivolto ai pazienti affetti da diabete mellito di tipo due, che in Italia sono circa 4 milioni, a cui si deve aggiungere la quota di coloro a cui non è ancora stata diagnosticata la malattia e altri soggetti che lo potranno sviluppare in tempi brevi. Costoro, in quanto pazienti fragili, devono essere sottoposti alle diverse vaccinazioni disponibili. Oltre al vaccino contro il Covid-19, per il quale si raccomanda anche di effettuare la terza dose, è sempre più importante ricevere la somministrazione degli altri vaccini disponibili, a partire da quello antinfluenzale, a cui andrebbero aggiunti quello pneumococcico, il vaccino contro l’Herpes Zoster, quello contro il meningococco, senza dimenticare tutti i richiami delle vaccinazioni che vengono effettuate nel corso dell’età pediatrica.
Pazienti diabetici e terza dose
“L’esperienza maturata presso i nostri centri durante la campagna vaccinale contro il Covid-19 dimostra che la vaccinazione è una pratica sicura per il paziente diabetico, che non determina alcun peggioramento del compenso glicometabolico – sottolinea il Paolo Fiorina, professore ordinario di endocrinologia all’Università di Milano e direttore diabetologia agli ospedali Fatebenefratelli-Sacco-Melloni –. Inoltre, grazie al supporto della professoressa Francesca D’Addio, abbiamo recentemente dimostrato con uno studio su quasi 400 pazienti diabetici monitorati tramite CGM (continuous glucose monitoring) che la vaccinazione per il Covid-19 non determina alcuna anomalia glicemica e per questo è assolutamente sicura e genera una protezione umorale di lunga durata. Certamente ci possono essere delle alterazioni dell’immunità cellulare in alcuni soggetti diabetici e l’immunità cellulare può non essere sufficientemente stimolata in una parte di essi; di qui l’importanza di promuovere l’accesso alla 3a dose di vaccino per i pazienti con diabete”.
Vaccini e scarsa aderenza
“Tutte le patologie contro cui si rivolgono i vaccini oggi disponibili non solo predispongono il paziente al ricovero, ma innescano una cascata infiammatoria che predispone il paziente diabetico al rischio di infarto miocardico, a polmoniti post virali e tutta una serie di complicanze e di ricoveri, con aggravi anche per il SSN – aggiunge il professor Fiorina –. Dati recenti dimostrano come molti vaccini non vengano utilizzati dai pazienti diabetici. Tra questi, solo il 30% accetta di sottoporsi alla vaccinazione antinfluenzale, mentre per la vaccinazione anti-pneumococcica siamo ben al di sotto del target del 75% indicato dal ministero della Salute. La vaccinazione per Herpes Zoster non raggiunge ancora la copertura auspicata del 50%. Spesso mancano linee guida specifiche; quelle della Società Italiana di Diabetologia – SID e dell’Associazione Medici Diabetologi – AMD vengono frequentemente disattese. Il mancato accesso alla terapia vaccinale determina nei pazienti diabetici gravi rischi, in quanto non sono protetti da infezioni che possono provocare malattie gravi e un aumentato rischio di mortalità”.
Nuova campagna vaccinale
Questi dati hanno suggerito l’idea di promuovere una campagna utile sia a stimolare i pazienti ad avvicinarsi alle vaccinazioni che a ricordare a medici di famiglia e ospedalieri l’importanza di offrire questa opportunità ai diabetici. La proposta prevede anche la creazione e il rafforzamento dei grandi hub, oltre a un’intensa attività delle farmacie e degli studi dei medici di famiglia, come avvenuto durante la vaccinazione contro il Sars-CoV-2. Affinché ciò si realizzi sarà promossa una campagna divulgativa per stimolare l’accesso ai vaccini per i pazienti diabetici e a incoraggiare delle nuove linee guida sul tema.
Il piano per la Lombardia
La proposta del professor Fiorina sarà destinata anzitutto proprio alla regione in cui si trova ad operare, la Lombardia. “Vorrei che a partire dalla nostra regione vi fosse un accesso sempre più facilitato ai vaccini per i pazienti diabetici – spiega il professor Fiorina –. Dal Covid abbiamo imparato che una buona organizzazione del sistema sanitario a livello nazionale è in grado di superare le resistenze dei singoli, di eliminare le inerzie terapeutiche e soprattutto di avvicinare i pazienti, anche quelli meno predisposti, alle terapie più innovative. Vogliamo lanciare un’iniziativa nel contesto regionale lombardo da estendere poi anche a livello nazionale per facilitare e promuovere l’accesso ai vaccini da parte dei pazienti affetti da diabete”.
Il contributo degli infettivologi
Il tema dei vaccini, con particolare attenzione per i pazienti fragili, è da sempre al centro dell’attenzione degli infettivologi. Proprio la vaccinazione sarà uno dei temi al centro del prossimo XX congresso di Milano della Società italiana di malattie infettive e tropicali – Simit. “I vaccini sono strumenti fondamentali per prevenire le infezioni nella popolazione generale, ma soprattutto nelle persone più fragili – sottolinea il professor Claudio Mastroianni, vice presidente Simit –. Tra questi, il paziente diabetico rappresenta un profilo che necessita della vaccinazione per una relativa protezione contro le infezioni cui può andare incontro. Relativamente poi al Covid-19 abbiamo constatato come i soggetti diabetici siano quelli a più alto rischio di complicanze di malattia severa e mortalità: è dunque fondamentale che abbiano già completato il ciclo primario di vaccinazione ed effettuino la terza dose. Tra gli altri vaccini, priorità deve essere data a quello anti-pneumococco per il rischio di polmoniti e al nuovo vaccino contro l’Herpes Zoster, che nelle persone anziane più fragili come i diabetici può causare delle serie complicanze. L’ideale sarebbe poter effettuare queste vaccinazioni non solo presso il medico di famiglia, ma anche all’interno di strutture ambulatoriali negli ospedali stessi”.
Diabetici e piano di assistenza individuale
Al centro dei nuovi progetti sanitari, inclusi i piani vaccinali, vi sono inevitabilmente i medici di famiglia, punto di riferimento per ogni cittadino e figure professionali in costante aggiornamento, come emerge alla vigilia del congresso di Firenze della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie del 25 e 26 novembre. “Ogni medico di medicina generale può avere in carico fino a 150 persone con diabete – sottolinea Gerardo Medea, membro giunta esecutiva nazionale Simg e responsabile area metabolica -. Il medico di famiglia è fortemente coinvolto nella gestione delle persone con diabete mellito di tipo 2 dalla prevenzione primaria, passando per la diagnosi precoce, fino alla presa in carico dei pazienti durante il follow up della malattia e la gestione di molti aspetti della terapia farmacologica. Il medico di famiglia è in grado di assistere il paziente con una visione olistica, che tiene conto di tutte le comorbidità. In questo modo elabora un piano assistenziale individuale, che può e deve essere arricchito dal contributo dei vari specialisti coinvolti. Tuttavia, la presa in carico da parte del medico di famiglia può avvenire solo se il percorso di cura è condiviso in continuità con i servizi di diabetologia e se è omogeneo su tutto il territorio nazionale. Affinché ciò si realizzi sono necessarie alcune condizioni: anzitutto, la definizione di ruoli, compiti e competenze dei diversi professionisti coinvolti, incardinati in un percorso diagnostico-terapeutico condiviso. In secondo luogo, è necessario un potenziamento dell’organizzazione non solo dei centri diabetologici, ma anche della medicina generale a supporto della presa in carico del diabete e di tutta la cronicità. Infine, la terza condizione riguarda i medici di medicina generale, i quali non potranno mai dichiararsi pienamente coinvolti nel processo di presa in carico per il diabete mellito finché non sarà data loro piena potestà prescrittiva di tutti i farmaci destinati e utili a questa patologia, alcuni dei quali dispongono di solide evidenze non solo per la loro efficacia ipoglicemizzante, ma anche e soprattutto circa la loro capacità di proteggere dal danno d’organo cardio-renale”.