“In un momento in cui le vaccinazioni costituiscono uno strumento efficace per traghettare il mondo verso una situazione pandemica più gestibile, i risultati del nostro studio suggeriscono due principali riflessioni. La prima è che lo sviluppo di una comunicazione efficace dovrebbe tenere in considerazione il diverso modo in cui le persone recepiscono ed elaborano le informazioni, cercando dunque di sviluppare e diversificare messaggi adeguati a diversi stili cognitivi. La seconda è che basare le campagne a favore della vaccinazione su messaggi di tipo numerico o probabilistico, ad esempio comparando la diversa probabilità di sviluppare gravi problemi di salute a seguito della vaccinazione o dopo aver contratto Covid-19,  potrebbe essere meno efficace rispetto al concentrare l’attenzione sugli aspetti emotivi legati alla pericolosità delle malattie infettive”. Così Mauro Martinelli, dottorando in sociologia e ricerca sociale, e Giuseppe Alessandro Veltri, professore di sociologia dell’università di Trento, che hanno condotto uno studio sul rapporto tra esitazione vaccinale, stili cognitivi e percezione del rischio che sarà pubblicato sulla rivista scientifica ‘Social science & medicine’. “I risultati suggeriscono che, attraverso l’uso di test cognitivi appropriati, è possibile classificare le persone sulla base della loro propensione a utilizzare maggiormente il pensiero analitico piuttosto che quello intuitivo, o viceversa – spiegano gli autori dello studio -.I risultati dimostrano che le persone caratterizzate da una maggior propensione all’utilizzo di processi cognitivi intuitivi hanno una probabilità significativamente superiore di rifiutare le vaccinazioni. Propensione che non dipende dalle caratteristiche ascritte degli individui come genere, età e provenienza geografica. Le persone che tendono al pensiero intuitivo hanno una minore percezione dei rischi legati alle malattie infettive. La loro percezione del rischio è guidata da valutazioni di tipo affettivo ed emozionale, e non numerico o probabilistico come, ad esempio, la probabilità percepita di contrarre una malattia infettiva”.