Si terrà domani la XIV edizione del premio “Carlo Castelli” per la solidarietà, concorso letterario destinato ai detenuti delle carceri italiane. Quello del carcere è un mondo difficile, ma che sa sorprendere con una solidarietà inaspettata. Volontari, operatori, educatori, lo sanno bene: talvolta è proprio chi nella vita “ha sbagliato”, a compiere gesti di attenzione verso quel mondo esterno da cui è stato separato. “Il contagio della solidarietà vince ogni pandemia e ogni barriera” è il tema della XIV edizione del “Premio Carlo Castelli per la solidarietà”, concorso letterario dedicato ai detenuti, promosso dalla Federazione nazionale Società di San Vincenzo De Paoli, con i patrocini di Camera, Senato, ministero della Giustizia, Università Europea di Roma e con uno speciale riconoscimento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Al Premio Castelli collaborano il Pontificio dicastero per la comunicazione, con Vatican News e le emittenti della CEI TV2000 e Radio inBlu. La premiazione si terrà domani a partire dalle 10, presso la casa circondariale di Bergamo “Don Fausto Resmini”. Non a caso, visto che la pandemia è entrata nei racconti dei reclusi, è stato scelto il carcere della città che ha pagato il prezzo più alto durante la prima ondata dell’emergenza: la casa circondariale intitolata a don Fausto Resmini, sacerdote dei poveri e cappellano, stroncato dal Coronavirus nel marzo 2020.
Quest’anno, più che in passato, si può apprezzare il valore della solidarietàche hanno espresso donne e uomini che in un periodo di pandemiaparticolarmente pesante, anche se limitati nel loro ridotto spaziofisico e nella libertà di movimento, hanno contribuito, con piccoli masignificativi gesti, ad aiutare coloro che sono oltre il muro: “Persone come noi che, – scrive Antonio Gianfico, presidente della Federazione nazionale Società di San Vincenzo De Paoli– seppure responsabili di errori, sono capaci di amare, di sognare, di preoccuparsi per gli altri, parenti e sconosciuti,di sentirsi coinvolti al punto di dare lezioni di solidarietà a quanti, liberi,sono tuttavia prigionieri del loro egoismo e dell’incapacità di amare. Un premio che vuol essere un ponte tra il ristretto e le istituzioni, tra il recluso e la società, finalizzato a riconoscere la dignità della persona indipendentemente dal reato”.