Le Car T sono terapie innovative che permettono di trattare pazienti tumorali quando tutti gli altri metodi hanno fallito. Richiedono però una organizzazione complessa e centri altamente specializzati. Il tema è stato affrontato nel corso di un webinar organizzato da Koncept.  Le Car T (acronimo dall’inglese “Chimeric Antigen Receptor T cell therapies”) sono terapie personalizzate che agiscono direttamente sul sistema immunitario del paziente per renderlo in grado di riconoscere e distruggere le cellule tumorali (immunoterapie). Si tratta di terapie geniche, poiché agiscono attraverso l’inserzione di materiale genetico all’interno delle cellule dell’organismo umano. In pratica si tratta di cellule dei pazienti stessi modificate nel loro patrimonio genetico e reintrodotte dopo i trattamenti. Si è finora rivelata efficace per alcuni tumori ematologici (ma sono in corso sperimentazioni anche per quelli solidi) e sono indicate per pazienti che non abbiano mai risposto alla chemioterapia o che siano in recidiva dopo trapianto di cellule staminali emopoietiche o dopo almeno 2 linee di chemioterapia. 

Norme stringenti

“L’Aifa – sottolinea Riccardo Saccardi, direttore dell’unità trapianti di midollo dell’azienda ospedaliera di Careggi a Firenze – ha prescritto norme molto stringenti sia per quel che riguarda l’idoneità dei pazienti sia per stabilire chi è autorizzato a eseguire il trattamento. È molto importante che tutti gli ematologi sul territorio conoscano questa opportunità. Per questo nel sistema toscano c’è una sorta di algoritmo per cui tutti gli ematologi conoscono le modalità di comportamento per individuare i pazienti e avviarli verso questo percorso nei tempi corretti, dato che la tempestività è fondamentale”. “Le Car T – rileva il professor Gianni Amunni, direttore dell’Ispro – hanno permesso di cambiare le prognosi di alcuni pazienti, soprattutto giovani, che erano finora destinate al fallimento. Possono però avere una tossicità molto importante e quindi occorre che il paziente sia seguito da un team altamente specializzato. In Toscana l’obiettivo dell’organizzazione a rete è centralizzare la casistica in pochi centri altamente specializzati e garantire che in tutto il sistema ci sia la conoscenza dei criteri di elezione e delle modalità per un tempestivo trasferimento del paziente al centro di riferimento”. 

Il ruolo del terzo settore

“Questa per molti pazienti è l’ultima chance, che va data in scienza e coscienza alle persone che possono sopportarla. Oggi, peraltro, non tutte le regioni sono in grado di assicurarle. È fondamentale che i centri conoscano bene i pazienti e che anche le associazioni del volontariato e del terzo settore siano coinvolte nella fase delle cure, ma anche in quella successiva del ritorno alla vita”, ha sottolineato Felice Bombacci di Ail, l’Associazione italiana per la lotta alle leucemie.  Peraltro, è stato rilevato, c’è un problema di costi da affrontare per il Sistema sanitario nazionale, dato che per il solo acquisto del farmaco servono 300 mila euro. “Occorre arrivare a una sostenibilità di questo trattamento – rileva Barbara Tonietti, direttore staff direzione aziendale, azienda ospedaliera Careggi a Firenze -. Servono programmazione, organizzazione, anche degli acquisti, e integrazione delle risorse, in modo di abbattere i costi”.