“E’ già capace di spostarsi, muovere braccia e mani e sa parlare. Ora deve migliorare l’espressività e il linguaggio naturale. Poi, sarà un vero e proprio assistente personale per gli anziani”. Elisa Ricci è a capo del gruppo di ricerca del dipartimento di ingegneria e scienza dell’informazione dell’Università di Trento che sta per programmare il primo umanoide di robotica sociale. Sì perché Ari, questo il nome del robot, sarà utilizzato in ospedali e residenze sanitarie assistite per fare compagnia agli ospiti più anziani. “La sfida rientra nel progetto europeo Spring – racconta la professoressa Ricci –. L’obiettivo è quello di valutare quanto l’umanoide riuscirà a farsi accettare da pazienti, anziani e personale sanitario nel lavoro di accoglienza e supporto in ospedali e strutture. Frutto della ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale e della robotica sociale, Ari è stato pensato per svolgere compiti di servizio, guida e informazione alle persone. Ma come verrà accolto dalle persone con cui si relazionerà? Saprà farsi accettare? Una prima risposta potrà arrivare dagli esiti dello studio in corso sulla sua capacità di interazione”. Per sviluppare capacità avanzate di dialogo e di analisi di dati multi-modali, come audio e video, l’umanoide dovrà essere in grado di interagire in modo più naturale possibile con più persone simultaneamente. “Le premesse sono incoraggianti – continua Ricci –  Ari combina l’espressività dei gesti delle braccia e mani, i movimenti della testa, le animazioni degli occhi e dei led insieme alle funzionalità di sintesi e riconoscimento vocale. Il touchscreen integrato nel petto permette la visualizzazione di contenuti multimediali e offre un’interfaccia intuitiva per gli utenti. I suoi punti di forza sono l’ampia dotazione tecnologica e la potenza di calcolo, condizioni ideali per sviluppare l’apprendimento automatico”.