Superfici protette contro il Covid-19 per 24 ore, a fronte dei normali disinfettanti chimici che esauriscono la loro efficacia nell’arco di 60 minuti. È l’importantissimo risultato ottenuto dal sistema di sanificazione PCHS, ideato da Copma, validato da una ricerca scientifica italiana, illustrata oggi nel corso di una conferenza stampa tenuta dal professor Walter Ricciardi (Ordinario di igiene e medicina preventiva – Università Cattolica del Sacro cuore) e dalla professoressa Elisabetta Caselli (Dipartimento di scienze chimiche e farmaceutiche e CIAS – Università di Ferrara). Si tratta, al momento, dello studio più avanzato al mondo, che sarà pubblicato nelle prossime settimane da riviste scientifiche accreditate, basato sull’utilizzo della competizione biologica attraverso l’impiego di probiotici, in grado di ridurre il rischio ICA e contrastare la diffusione del Covid-19.
Prevenzione
Nell’ottica di prevenzione da virus, la differenza con i normali disinfettanti chimici è netta, a cominciare dalla durata d’azione, senza contare le prospettive di utilizzo anche per tutti quegli ambienti (non solo ospedali quindi) che hanno bisogno di processi di sanificazione, come mezzi pubblici di trasporto, scuole, uffici. Nelle prove di laboratorio, inoltre, il sistema PCHS (ecolabel) ha dimostrato di essere performante rispetto alle normative standard, riuscendo ad abbattere la concentrazione di virus del 99.99%. “Celebriamo oggi un evento storico. Si tratta di un’innovazione dirompente – ha sottolineato il professor Ricciardi -, che può cambiare radicalmente il modo in cui si combattono le infezioni, non solo in ospedale. Si combattono i germi con altri germi e, a differenza dei disinfettanti chimici, che hanno effetti collaterali di impatto ambientale, con il sistema PCHS ciò non avviene. È un momento straordinariamente importante e siamo anche contenti che sia opera di una ricerca italiana, frutto di una partnership pubblico-privata, con una tecnologia che rimarrà nel futuro”.
Vantaggi importanti, in termini di salute, tutela ambientale e risparmio economico, ha rimarcato Ricciardi, che ha puntato l’attenzione anche sulla questione normativa, ovvero le Linee guida redatte da Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità, che al momento prevedono solo la sanificazione attraverso i disinfettanti chimici. “Oggi viene confermata l’azione di una battaglia vincente, che può essere applicata anche per i nostri treni, per i nostri autobus, con un’innovazione italiana che ha bisogno del supporto delle nostre istituzioni. Serve però un chiarimento regolatorio che tranquillizzi tutti, serve assolutamente un’accelerazione – ha puntualizzato il professor Ricciardi -. Non bisogna cambiare la legge, ma permettere l’applicazione di un’innovazione scientifica disponibile, modificando regolamenti e linee guida fissati da Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute”. Ad entrare nel dettaglio della ricerca scientifica è stata la professoressa Caselli, ricordando lo sviluppo iniziale del sistema di sanificazione PCHS, con efficacia stabile, basata sull’azione dei microbioti sani applicata anche al contrasto di virus inviluppati, tra cui il Sars-Cov2. “L’uomo è un superorganismo, costituito dalle proprie cellule e da tutti i microrganismi che lo colonizzano in equilibrio tra loro, ma anche gli ambienti costruiti possono essere considerati super-organismi”, ha subito inquadrato, ricordando i numeri drammatici delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA), problema globale (5-15% pazienti ospedalizzati), che colpiscono 4 milioni di pazienti in Europa ogni anno, causando circa 33 mila decessi come diretta conseguenza (Italia maglia nera con 10 mila decessi) e circa 1,1 miliardi di euro di costi sanitari. Finora la sanificazione convenzionale, attraverso i prodotti chimici, ha prodotto un’azione temporanea, senza prevenire la ricontaminazione, con un alto impatto ambientale e con la possibilità di favorire la comparsa di ceppi resistenti. “La sanificazione biologica, invece, si basa sull’equilibrio del microbioma: piuttosto che cercare di eliminare tutti i microbi, è più efficace rimpiazzare quelli cattivi con microbi buoni. Si parla di esclusione competitiva”, ha spiegatoCaselli, elencando i risultati positivi finora ottenuti: abbattimento degli agenti patogeni di circa 80% in più rispetto a un sistema di sanificazione tradizionale, nessuna selezioni di ceppi resistenti, anzi calo fino a 1.000 volte (99.99%). E ancora: dimezzato il rischio di infezioni correlate ad assistenza ospedaliera, – 60% di consumo di antibiotici, -75% di costi per le terapie legate alle Ica. “I risultati ottenuti – ha concluso la professoressa Caselli – suggeriscono che l’uso del PCHS possa controllare efficacemente la diffusione dei virus inviluppati, come ad esempio il SARS-Cov-2, evitando contemporaneamente di aggravare il problema dell’antimicrobico-resistenza e delle infezioni legate all’assistenza in ambiente ospedaliero”.