In che modo le piattaforme di e-commerce hanno favorito l’accesso al cibo sostenibile, riconnettendo la relazioni cliente e territorio? La spesa on line, presente a macchia di leopardo prima della pandemia, come è stata influenzata dal lockdown? Le risposte arrivano dal team di ricerca del dipartimento di Sociologia dell’università di Trento che ha mappato la realtà italiana delle piattaforme di e-commerce di cibo per capirne le dinamiche, approfondendo le pratiche quotidiane di chi fa la spesa attraverso canali alternativi alla grande distribuzione come i gruppi di acquisto solidale. La ricerca rientra nel progetto europeo Plateforms, sostenuto dal ministero dell’Università e dal programma europeo Horizon 2020 che ha coinvolto oltre all’ateneo di Trento quelli di Norvegia, Irlanda, Svezia e Germania. “Abbiamo indagato le potenzialità dell’innovazione tecnologica e sociale quale mezzo di promozione di pratiche alimentari più sostenibili – spiega la professoressa Francesca Forno che ha diretto il progetto per l’Italia –. Tuttavia, affinchè le app diventino una reale alternativa sostenibile, è necessario che modalità nuove di produzione, scambio e consumo di cibo si sviluppino e sedimentino nelle relazioni sociali e nelle pratiche quotidiane. Inoltre, anche la spesa offline può promuovere alternative sostenibili, come nel caso dei Gas o dei negozi biologici”. Il progetto si è articolato in tre fasi: mappatura delle piattaforme di e-commerce di cibo, interviste a chi fa la spesa tradizionale, questionario ai consumatori digitali. “L’avvento del Covid – continua Forno – pur presentando degli ostacoli allo svolgimento della ricerca, ha anche costituito un laboratorio naturale. L’esperienza del lockdown, infatti, ha costretto a cambiare radicalmente le abitudini e molte famiglie si sono avvicinate alla spesa online. Il progetto suggerisce che le innovazioni sociali e tecnologiche nel consumo alimentare favoriscono l’accesso al cibo buono: gustoso, nutriente, stagionale, biologico o naturale, rispettoso del lavoro e che favorisce una riconnessione tra consumatori, territorio e produttori. Soprattutto nelle città dove l’approvvigionamento alimentare è dominato dalla grande distribuzione, le innovazioni costituiscono un food hub per promuovere diete sostenibili e pratiche alimentari più attente”.