Le malattie infettive del XXI secolo sono profondamente influenzate dai fenomeni ambientali, climatici, sociali, demografici che già hanno portato a relativizzare il concetto di malattia tropicale, tanto che malattie come Dengue, Chikungunya, West Nile, Zika sono ormai stabilmente presenti anche alle nostre latitudini, suggerendo agli infettivologi un maggiore studio delle epidemiologie locali e una crescente collaborazione con altre discipline, inclusa la medicina veterinaria. Una potenziale minaccia risiede però anche negli stessi progressi della ricerca scientifica.

“La medicina moderna ha fatto passi da gigante – ha evidenziato il professor Claudio Mastroianni, Vice Presidente SIMIT -. Oggi vengono impiantati biomateriali in tutto il corpo: protesi ortopediche, cardiache, valvolari, mammarie, a livello urogenitale; dispositivi generatori sono utilizzati nel cervello per stimolare l’attività cerebrale nei pazienti affetti da Parkinson. Tutti questi dispositivi curano i pazienti dalle rispettive patologie, ma rappresentano un pabulum, un terreno fertile per lo sviluppo di microrganismi, il cosiddetto biofilm, in cui  gli antibiotici hanno difficoltà a penetrare. Esistono inoltre nuovi potenti farmaci biologici per chi soffre di malattie reumatiche, malattie infiammatorie croniche, patologie onco-ematologiche: queste terapie modificano la risposta immunitaria, provocando il rischio di riattivare infezioni latenti, come la tubercolosi, epatiti virali, infezioni erpetiche. Il ruolo dell’infettivologo dunque acquisisce ancora maggior rilievo nell’approccio al paziente e nel riconoscimento delle infezioni”.

Per il video servizio: https://youtu.be/jvCRoQZ7Qus