In attesa di avere su vasta scala di un vaccino sicuro ed efficace oggi è necessario utilizzare per i pazienti Covid-19 tutti i farmaci e le opzioni a disposizione. La Food and Drug Administration ha approvato lo scorso novembre una nuova molecola, il baricitinib, per uso clinico. L’approvazione deriva dai dati positivi del trial randomizzato ACTT-2 in cui baricitinib ha mostrato un effetto positivo se combinato a remdesivir rispetto a remdesivir da solo. Inoltre uno studio collaborativo internazionale che ha vista coinvolta l’Università di Pisa e altre prestigiose istituzioni internazionali (Imperial Colege Londra, Karolinska Institut Stoccolma e altre) ha dimostrato la capacità del baricitinib di inibire l’endocitosi virale e l’ingresso del virus nella cellula. Un effetto quindi che va al di là dell’attività immunomodulante e antinfiammatoria propria di questa molecola e che è stato pubblicato sulla rivista Science Advances. “E’ notizia di pochi giorni fa inoltre il lancio del trial adattativo ACTT-4 – spiega il professor Marco Falcone, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa – sempre promosso da US National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), finalizzato a confrontare remdesivir + desametasone rispetto a remdesivir + baricitinib. Ciò dimostra l’interesse della ricerca internazionale su questa molecola. Ad oggi il baricitinib è l’unico antinfiammatorio approvato per Covid-19 in USA, ma il suo utilizzo in Italia e in Europa è molto limitato e rimane nel contesto dell’utilizzo fuori scheda tecnica (off label) del farmaco. Bisogna testare sul campo, magari in trial clinici collaborativi, questa nuova opzione terapeutica che potrebbe migliorare la prognosi della polmonite grave da SARS-CoV2 che ancora oggi in Italia è gravata da un’alta mortalità specialmente nei pazienti ospedalizzati. In attesa della soluzione di domani è imperativo per tutti trovare soluzioni oggi e nelle prossime settimane visto che il virus non attenderà la prossima estate e rischiamo di trovarci in una terza ondata durante i prossimi mesi invernali”.

Il professor Marco Falcone, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa.

Le prossime minacce globali in arrivo

“E’ una stagione di grande complessità. Di Covid-19, dei nuovi vaccini, di politica sanitaria e di riorganizzazione della rete infettivologica. Attualità e futuro dell’infettivologia, virus epatitici, prosecuzione alla lotta contro l’Epatite C, gestione del paziente Hiv, e guerra alle resistenze batteriche in ospedale e sul territorio. questi i grandi temi della specialità e di Salute Globale che vedranno coinvolti centinaia di specialisti infettivologi ” sottolinea Marcello Tavio, Presidente SIMIT, nel presentare il XIX Congresso SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. L’appuntamento, che si è svolto in modalità virtuale, è stato presieduto dal professor Pierluigi Viale, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Alma Mater Studiorum Università di Bologna, e dal dottor Francesco Cristini, Unità Operativa Malattie Infettive Ospedale di Rimini e Forlì/Cesena AUSL Romagna.

Marcello Tavio, Presidente SIMIT.

La lezione del Covid

Questa epidemia ci ha dato una lezione – evidenzia il professor Massimo Galli, Past President SIMIT –. Ha sottolineato infatti come sia importante una buona rete epidemiologica, anche per fronteggiare alcune emergenze come quelle da COVID19. Negli ultimi anni, però, proprio l’infettivologia ha subìto tagli pesanti, unità complesse che sono passate a semplici, mentre in alcune strutture ospedaliere la figura dello specialista infettivologo è stata considerata addirittura inutile. E sono decenni che sulla medicina territoriale non si investe, che si rilevano anche differenze sostanziali tra una regione e un’altra. Ritengo opportuno, quindi, che questa epidemia ci insegni ad andare nella direzione esattamente opposta. Oggi la sanità pubblica, purtroppo, vige in stato semicomatoso. Diventa indispensabile, soprattutto per gli anni a venire, la presenza di una funzione specialistica in ogni centro ospedaliero, non soltanto da un punto di vista strettamente clinico, ma anche dal punto di vista epidemiologico, affinché ci possa essere un possibile riscontro precoce di condizioni che diventano poi di interesse della prevenzione territoriale nel senso più vasto. Mi auguro francamente che si possa fare tesoro da questa lezione – prosegue Galli – in modo che ci possa trovare più pronti ad affrontare l’altra grande epidemia in arrivo: una pandemia neanche tanto strisciante.. Parliamo di quella causata dai germi multiresistenti, che colpisce tanto gli ospedali quanto gli ambienti esterni, una delle principali minacce di questo decennio. E mi auguro, infine, che riusciremo ad essere più forti per fronteggiare malattie “storiche”, come quelle da HIV e HCV”.