Malattia di Crohn e Colite ulcerosa rapportati al tempo del Covid-19 al centro dell’XI edizione del Congresso Nazionale IG-IBD in modalità online: specialisti gastroenterologi a confronto su risultati consolidati, prospettive della ricerca e ostacoli per i pazienti cronici. Se Covid-19 ha accentrato tutti gli sforzi della sanità pubblica, bisogna però dire che le altre malattie non aspettano né stanno a guardare, anzi progrediscono e il mancato trattamento si ripercuoterà su ampie fette di pazienti e sul nostro SSN. Non solo complicanze di patologie cardiovascolari, onco-ematologiche, oncologiche, diabete, ma anche la condizioni di migliaia di soggetti spesso giovani, colpiti dalle MICI – Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, pazienti fragili che rischiano ancora di più in tempo di pandemia. E non è sempre facile orientarsi nell’identificazione della malattia e dei centri di riferimento IBD. La Società IG-IBD fornisce le indicazioni necessarie e si mette al servizio della ricerca che propone nuove opzioni interessanti.
Ritardi diagnostici
“Ancora oggi, anche in caso di sintomi evidenti come una diarrea sanguinante, che dovrebbe portare automaticamente all’esecuzione di una colonscopia o a una visita di uno specialista gastroenterologo per il sospetto di una colite ulcerosa, il ritardo diagnostico va da 3-6 mesi a 12-18 mesi. Ancora più notevoli i ritardi nella malattia di Crohn. La conseguenza di questo fenomeno può essere grave, poiché potrebbe impedire di mettere in atto tempestivamente un trattamento opportuno che permetterebbe di evitare degenerazioni, complicanze e interventi chirurgici – sottolinea il dottor Marco Daperno, Segretario Generale IG-IBD, AO Ordine Mauriziano di Torino -. I pazienti affetti da MICI infatti sono soggetti fragili e con gravi rischi di conseguenze negative. Si tratta di patologie tipiche dell’età giovanile: il picco di esordio è generalmente compreso nella fascia tra i 15 e i 30 anni, con un 20% di casi addirittura già in età pediatrica”.
Dalla fertilità alla menopausa: rischi ed effetti psicologici
“In caso di malattia non attiva, la fertilità della donna affetta da Malattia di Crohn o Colite Ulcerosa è uguale a quella della popolazione generale – sottolinea la professoressa Mariabeatrice Principi, Associato di Gastroenterologia presso l’Università di Bari –. Qualora la malattia fosse attiva, ci potrebbe invece essere una riduzione della fertilità, sebbene ancora non si abbiano evidenze scientifiche eloquenti, ma un dato significativo fa emergere che le donne con IBD abbiano meno figli. Tuttavia, la causa spesso è da rintracciarsi nella mancanza di volontà di procreare, poiché la donna con IBD spesso è spaventata sia da un possibile peggioramento della malattia sia dalla trasmissione al figlio. Ciononostante, la donna con IBD può portare a termine la gravidanza in totale sicurezza e tranquillità, seguendo le indicazioni del gastroenterologo e ginecologo di fiducia e, tranne in particolari setting, è possibile il parto vaginale. È anche sicuro l’allattamento al seno seguendo le indicazioni opportune”.
Da AMICI Onlus una nuova piattaforma a supporto di malati e caregivers
Le attività di ricerca e informazione emergono come trasversali ai diversi attori impegnati nella lotta alle MICI. “La partnership con il mondo della clinica e della ricerca scientifica è parte integrante della nostra missione – dichiara Enrica Previtali, Presidente di AMICI Onlus, associazione che riunisce le persone affette da Colite Ulcerosa e da Malattia di Crohn, e i loro familiari –. Per questo siamo lieti di rinnovare la nostra alleanza con IG-IBD con la quale, nel 2020, abbiamo iniziato un percorso che ci ha portato a definire le raccomandazioni per la promozione dell’engagement e la presa in carico dei bisogni psico-socio-assistenziali delle persone con Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino. In questo viaggio siamo come sempre stati accompagnati da tanti professionisti che si mettono al servizio dei pazienti per garantire delle cure e una migliore qualità di vita, per passare da un sistema centrato sulla malattia a un sistema centrato sulla persona. Il nostro ruolo di accompagnamento di tanti pazienti, attraverso il percorso a volte difficile della malattia, ci suggerisce di vedere nella ricerca scientifica ma anche nell’alleanza con i medici non solo un orizzonte di speranza, ma anche una fonte di approfondimento, di formazione e di informazione; in una parola, di ‘consapevolezza’: strumento imprescindibile nelle mani del paziente per gestire efficacemente le malattie croniche. Sulla base di questo convincimento, AMICI Onlus sta per lanciare la prima piattaforma di digital patient advocacy, che vedrà nell’accesso dei pazienti alla corretta informazione, anche di carattere scientifico, uno dei suoi pilastri. E senza dubbio i contenuti scientifici dell’IG-BD contribuiranno ad arricchire e alimentare anche questo nuovo e ambizioso progetto. Perché questo chiede la gente che rappresentiamo”.
La nuova offerta terapeutica
“Stiamo definendo nuove strategie terapeutiche per applicare i diversi farmaci oggi a disposizione per ottenerne il massimo risultato nell’ottica del rapporto tra efficacia e sicurezza – sottolinea il professor Alessandro Armuzzi, Responsabile Comitato Educazionale IG-IBD, Fondazione Policlinico Gemelli, Roma –. Questo discorso riguarda tutti i farmaci biotecnologici anti-TNF per poi continuare con gli anti-alfa4/beta7 integrina e gli anti-interleuchina 12/23, ma si inseriscono anche le cosiddette Piccole Molecole, Small Molecules. Queste ultime sono farmaci orali che a breve potranno essere usati per la Colite Ulcerosa e nel prossimo futuro anche per la malattia di Crohn; si caratterizzano per la rapidità d’azione e per la possibilità di essere assunti per via orale. Ci sono molti trials in corso, alcuni molto avanzati, quindi contiamo nell’arco di 3-4 anni di averne alcuni a disposizione per i nostri pazienti. Nell’elaborare una più strutturata offerta terapeutica, valutiamo anche la sostenibilità per l’utilizzo di questi farmaci. Da una parte, quindi, i pazienti potranno beneficiare sempre più di una medicina personalizzata, basata sui farmaci più adatti a seconda delle proprie caratteristiche fenotipiche; dall’altra, si cerca un giusto equilibrio tra innovazione, personalizzazione e sostenibilità del SSN”.
Ecco le nostre interviste: