L’editing del genoma per correggere la talassemia. È stato trattato con questa tecnica innovativa all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù il primo paziente italiano, un giovane adulto affetto da anemia mediterranea. Il caso clinico si inserisce all’interno di una sperimentazione internazionale promossa da Vertex Pharmaceuticals e Crispr Therapeutics i cui primi promettenti risultati sono stati presentati al 62° Congresso della Società Americana di Ematologia (ASH), l’appuntamento annuale che raccoglie i contributi scientifici più qualificati al mondo nell’ambito delle malattie del sangue.
L’editing del genoma
L’editing del genoma con il sistema CRISPR-Cas9 è una tecnologia innovativa che funziona come un “correttore” del DNA ad altissima precisione. Il metodo si basa sull’impiego della proteina Cas9, una sorta di forbice molecolare che viene programmata per tagliare o modificare specifiche sequenze del DNA di una cellula, potendo così portare alla correzione di varie malattie. CRISPR-Cas9 è un complesso di molecole biologiche formato da frammenti di RNA (acido ribonucleico) e da proteine: il segmento di RNA è la bussola che indica il bersaglio da colpire, la proteina Cas9 esegue il taglio o la modifica. Le cellule prelevate dalla persona malata vengono “corrette” in laboratorio con questo approccio, poi vengono infuse nell’organismo dove si riproducono al posto di quelle difettose.
La sperimentazione internazionale
Nel 2019, Vertex Pharmaceuticals e Crispr Therapeutics hanno avviato due trial clinici internazionali per la cura di giovani adulti inizialmente e poi di adolescenti affetti da talassemia e da anemia falciforme attraverso la tecnica di editing del genoma con CRISPR-Cas9. La sperimentazione, in corso di svolgimento, coinvolge l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e altri 13 Centri statunitensi, canadesi ed europei per la selezione dei pazienti, la raccolta delle cellule da “editare” e la somministrazione del trattamento. Nei trial verranno arruolati 45 giovani con talassemia e 45 con anemia falciforme. Il Bambino Gesù è l’unico ospedale italiano coinvolto nella sperimentazione, il cui comitato scientifico internazionale è coordinato dal professor Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica.
Talassemia e anemia falciforme
Talassemia e anemia falciforme sono due malattie del sangue causate dalle mutazioni dei geni coinvolti nella sintesi dell’emoglobina, la proteina dei globuli rossi che trasporta ossigeno nell’organismo. Normalmente, nei soggetti adulti, ogni molecola di emoglobina è formata da 4 catene proteiche: 2 catene alfa e 2 catene beta. Nelle forme più gravi di talassemia il problema è l’assenza o la marcatamente ridotta produzione di catene beta e l’eccesso di catene alfa, uno squilibrio che rende necessarie regolari e periodiche trasfusioni di sangue in chi ne è affetto. Nell’anemia falciforme, invece, è l’alterazione della struttura delle catene beta che porta alla formazione di globuli rossi anomali, a falce, che ostacolano flusso sanguigno e ossigenazione nei capillari provocando crisi molto dolorose e infarti nei tessuti. Esiste, tuttavia, un tipo diverso di emoglobina formato non da catene alfa-beta, ma da catene alfa-gamma. È quella presente nel feto (emoglobina fetale) e che viene progressivamente sostituita a partire dalla nascita, quando si attiva un meccanismo, guidato dal gene BCL11A, che blocca la sintesi delle catene gamma con produzione di catene beta. Alcune persone continuano a produrre emoglobina fetale (alfa-gamma) per tutta la vita, la condizione si chiama persistenza ereditaria di emoglobina fetale. Tra loro anche persone con talassemia e anemia falciforme: in questi casi – è documentato – le manifestazioni della malattia sono molto attenuate. Il trattamento sperimentato nei due trial internazionali si basa proprio sul ripristino della sintesi dell’emoglobina fetale tramite l’editing del genoma. Le cellule staminali emopoietiche prelevate dai pazienti vengono modificate in appositi laboratori con il complesso CRISPR-Cas9 programmato per “spegnere” il gene BCL11A e far ripartire la produzione di emoglobina fetale. Dopo questa manipolazione genetica, le cellule così modificate vengono infuse nei pazienti che nel frattempo sono stati sottoposti a una terapia farmacologica per “distruggere” il midollo, in modo da fare spazio alle nuove cellule staminali ingegnerizzate che si moltiplicheranno correggendo la malattia.
I risultati della sperimentazione
I risultati del trattamento sperimentale sul gruppo di pazienti già sottoposti alla procedura sono molto promettenti: i talassemici arrivano a produrre elevatissime quantità di emoglobina fetale che consente loro di ottenere l’indipendenza da trasfusioni di sangue in ragione dell’effetto terapeutico derivante dalle cellule “editate”. Nei pazienti con anemia falciforme la produzione di emoglobina fetale supera il 40%, un valore che consente loro di non avere più crisi vaso occlusive. I dati della sperimentazione sono stati presentati al 62° Congresso della Società Americana di Ematologia (ASH) in corso in questi giorni (dal 5 all’8 dicembre) per via telematica. L’appuntamento annuale riunisce i maggiori esperti mondiali nel campo dell’ematologia ed è l’occasione per presentare i contributi scientifici più qualificati e innovativi prodotti in questo ambito.Inoltre, i dati relativi ai primi 2 pazienti inseriti nello studio, uno affetto da talassemia trasfusione-dipendente, l’altro da anemia a cellule falciformi con un follow-up di 18 e 15 mesi, rispettivamente, sono stati pubblicati sull’autorevole New England Journal of Medicine.
Le prospettive
Spiega il prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia del Bambino Gesù e coautore del manoscritto pubblicato sul New England Journal of Medicine: “L’editing del genoma rappresenta potenzialmente una rilevante opzione curativa per i pazienti con emoglobinopatie, ovvero talassemia e anemia falciforme, accompagnata da un basso un profilo di rischio; certamente i risultati andranno verificati e confermati nel tempo. Normalmente questi pazienti trovano nel trapianto di midollo la loro principale soluzione terapeutica. Il vantaggio dell’editing del genoma, che si affianca per profilo di sicurezza ed efficacia alla terapia genica, anch’essa assai innovativa e sviluppata con successo nel nostro Ospedale, è quello di poter essere applicato anche a chi non ha un donatore di midollo osseo o non può ricevere un trapianto a causa dell’età. Confidiamo che in futuro l’editing potrà essere utilizzato anche per il trattamento di altre malattie genetiche e per migliorare ulteriormente l’efficacia delle cellule CAR-T”.