di Luca Borghi
Prosegue l’attività di screening promossa dall’Università di Milano, col supporto di Medispà, per determinare in località della Lombardia diversamente colpite durante la prima ondata della pandemia quale sia stata la reale diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2. Dopo Castiglione D’Adda (Lodi), Carpiano e Vanzaghello (Milano), Suisio (Bergamo), lo studio guidato dal Professor Massimo Galli, Past President SIMIT, ha completato l’analisi in Sordio (Lodi) ed è a buon punto in San Pellegrino Terme (Bergamo).
In queste ultime due realtà, l’indagine è stata estesa alla ricerca degli anticorpi contro il virus dell’epatite C, un modo per favorire l’emersione del sommerso e per tener desta l’attenzione su una malattia che bisogna riuscire ad individuare e curare anche in tempo di Covid-19. I dati sull’epatite C sono stati presentati anche in occasione del Global Health, il Festival della Salute Globale “Origine, gestione ed evoluzione della pandemia in Italia e nel mondo”, in cui sono intervenuti lo stesso Prof. Galli, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo e il Direttore Generale della Prevenzione presso il Ministero della Salute Giovanni Rezza. La ricerca degli anticorpi dell’Epatite C è stata resa possibile dal supporto non condizionante di Gilead e Abbvie.
Le difficoltà nella lotta
all’Epatite C
Curare le persone con Epatite C è stato reso più complicato dalla pandemia in corso, che ha limitato la possibilità di accesso ad ospedali e laboratori. Un ostacolo che ha messo in discussione l’eliminazione dal nostro Paese entro il 2030, un obiettivo fissato dall’OMS e reso possibile dai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA), che permettono di eradicare il virus in maniera definitiva, in poche settimane e senza effetti collaterali. Ma il conseguimento di questo risultato era già stato messo in pericolo da un problema preesistente a pandemia.
Dopo 200mila casi trattati quasi tutti con successo, durante il 2019 è stata registrata un’evidente flessione nel numero dei nuovi trattamenti. E questo nonostante le stime suggeriscano che le persone che vivono con un’infezione cronica da HCV nel nostro Paese siano ancora molto numerose. Molti, pur informati del proprio stato, non hanno mai potuto o voluto accedere alla terapia. Molti di più non sospettano minimamente di aver contratto questa infezione. A febbraio, con l’emendamento al Decreto Milleproroghe, è stato approvato uno stanziamento di 71,5 milioni di euro per favorire gli screening che potessero individuare la prevalenza residua di infezione attiva. Questi fondi sono però rimasti fermi per mancanza di decreti attuativi specifici. L’attuale situazione della lotta all’epatite C vede dunque un doppio stallo dovuto a due cause: le difficoltà legate alla pandemia e il mancato intervento sul “sommerso” con il conseguente mancato invio delle persone da trattare ai centri specialistici.
L’occasione data
dal Covid-19
Stanti così le cose, si sta tentando di sfruttare ogni opportunità per favorire la salute anche in un momento di grave crisi come questo. “Abbiamo pensato di utilizzare la rilevazione sierologica di massa per l’infezione da Sars-Cov-2 anche per la ricerca degli anticorpi dell’Epatite C – spiega il Prof. Galli – Non si tratta di studi che possano sostituire la più completa campionatura auspicabile per uno studio nazionale. Ritengo però che ne possano venire informazioni importanti. Per Sordio, comune nella provincia di Lodi, a rilevazione terminata abbiamo dati grezzi che descrivono nelle persone sopra i 40 anni d’età una prevalenza di anticorpi anti Hcv del 2%. La metà dei positivi non era consapevole del proprio stato”.
I dati di San Pellegrino Terme saranno pronti nei prossimi giorni, ma già varie persone risultate positive al test non erano consapevoli del proprio stato. “Per quanto il campione sia geograficamente e numericamente circoscritto, questo studio ci permette di saperne di più e di aiutare persone che non avevano mai avuto modo di indagare il proprio stato” conclude il Prof. Galli.