L’esofagite eosinofila (EoE), malattia infiammatoria cronica dell’esofago caratterizzata dall’incremento di eosinofili in esofago, ha finalmente delle linee guida terapeutiche italiane condivise. A definirle sono stati i maggiori esperti nazionali, riuniti nella 1ª Sessione EoEtaly Guidelines. L’obiettivo: garantire un approccio clinico aggiornato, personalizzato e sostenibile, per rispondere in modo efficace a una condizione ancora poco conosciuta ma in costante crescita, soprattutto tra i più giovani, e che sono state presentate dal professor Nicola de Bortoli, docente di gastroenterologia all’Università di Pisa, dalla dottoressa Elisa Marabotto, ricercatrice del Dipartimento di medicina interna e specialità mediche dell’Università di Genova e dal dottor Pierfrancesco Visaggi, gastroenterologo endoscopista dell’Università di Pisa, tutti esponenti della Sige – Società italiana di gastroenterologia e endoscopia digestiva al congresso annuale Fismad.
Diagnosi tardiva
“La diagnosi è spesso tardiva, e i sintomi – come difficoltà a deglutire o sensazione di cibo bloccato – vengono sottovalutati. Ma l’esofagite eosinofila non è una rarità: serve consapevolezza, formazione e una presa in carico strutturata – spiega il professor Nicola de Bortoli, gastroenterologo e tra i promotori del documento -. Queste linee guida rappresentano un punto di riferimento importante per clinici, pazienti e famiglie”. “Sappiamo che il ritardo diagnostico conseguente a fattori dipendenti sia dal paziente che dal medico determina il perpetrarsi del processo infiammatorio, aumentando il rischio di progressione della patologia e di rimodellamento esofageo che conduce alla fibrosi – ha aggiunto la dottoressa Elisa Marabotto -. Queste linee guida aiutano a conoscere la malattia per aiutare a sospettare e riconoscerla precocemente”.
La terapia
La terapia dell’EoE si fonda su tre pilastri: farmaci topici a base di corticosteroidi (come la budesonide orodispersibile), protocolli dietetici mirati – in particolare la One Food Elimination Diet (OFED), che elimina solo latte e derivati – e, nei casi più severi, interventi endoscopici di dilatazione. A questi si affianca una novità di rilievo: l’introduzione del dupilumab, anticorpo monoclonale attivo su specifiche citochine infiammatorie (IL-4 e IL-13), che rappresenta una valida opzione in seconda linea per i pazienti refrattari alle terapie standard. “L’arrivo del dupilumab è una ulteriore e desiderata opzione terapeutica, soprattutto per i pazienti refrattari a terapie standard, ma il vero valore aggiunto di queste linee guida è aver costruito un percorso strutturato, multidisciplinare e centrato sulla persona – ha aggiunto il dottor Pierfrancesco Visaggi -. Solo così possiamo garantire continuità assistenziale e migliorare concretamente la qualità di vita”. Fondamentale sarà il ruolo integrato di gastroenterologi, allergologi, dietisti e pediatri, con controlli regolari nel tempo per prevenire recidive e adattare le terapie. Le nuove raccomandazioni segnano un passo avanti decisivo nella gestione dell’EoE e aprono la strada a una presa in carico più equa, moderna e condivisa.