L’Agenzia italiana del farmaco ha approvato la rimborsabilità dell’associazione di nivolumab e cabozantinib per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma a cellule renali avanzato. L’associazione di un farmaco immunoncologico (nivolumab) con una terapia mirata (cabozantinib) diventa così disponibile in questa neoplasia nel nostro Paese. Ad aprile 2021 la Commissione europea aveva approvato questo nuovo regime in base ai risultati dello studio di fase III CheckMate -9ER, che ha dimostrato la superiore efficacia dell’associazione rispetto a sunitinib per i tre endpoint chiave: la sopravvivenza globale, la sopravvivenza libera da progressione e il tasso di risposta obiettiva.
Nuove terapie
“È continuo il bisogno di nuove terapie che mostrino un beneficio in diversi sottogruppi di pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato – spiega Giuseppe Procopio, responsabile oncologia medica genitourinaria alla Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano -. Nel tumore renale la chemioterapia e la radioterapia sono risultate, da sempre, poco efficaci e il loro utilizzo è scarso. Il trattamento di elezione per la malattia localizzata è rappresentato dalla chirurgia, conservativa quando possibile. Oltre il 50% dei pazienti con malattia in fase precoce guarisce. Però il 30% arriva alla diagnosi già in stadio avanzato e, in un terzo, la malattia può recidivare in forma metastatica dopo l’intervento chirurgico. Storicamente, la sopravvivenza a 5 anni nella malattia avanzata o metastatica non superava il 13%”.
Lo studio
“Nello studio CheckMate -9ER, che ha coinvolto 651 pazienti, nivolumab in associazione con cabozantinib, un inibitore tirosin-chinasico, a un follow up mediano di due anni, ha ridotto il rischio di morte del 30% rispetto a sunitinib – continua il professor Procopio -. Inoltre, la sopravvivenza libera da progressione mediana, endpoint primario dello studio, è raddoppiata rispetto ai pazienti che hanno ricevuto solo sunitinib (17 mesi vs 8,3 mesi), così come il tasso di risposta oggettiva (55,7% vs 28,4%). In un’analisi esplorativa, l’associazione è stata correlata a un tasso di controllo della malattia, che includeva risposta completa, risposta parziale e malattia stabile, dell’88,2% rispetto al 69,9% con sunitinib. Va evidenziato anche il buon profilo di tollerabilità di questa terapia di associazione. Cabozantinib crea un microambiente tumorale che rende più efficace l’azione dell’immunoterapia, consentendo un’attività antitumorale sinergica in associazione con nivolumab. I dati di CheckMate -9ER contribuiscono a rafforzare il valore dell’associazione di nivolumab e cabozantinib in prima linea per i pazienti per cui viene scelto il regime costituito dall’immunoterapia con un inibitore di tirosin-chinasi”. Ogni anno, in Italia, sono stimati 13.500 nuovi casi di tumore del rene e 144.400 persone vivono dopo la diagnosi. La forma più frequente è quella a cellule renali.