Chi si occupa delle persone con sindrome di Down una volta diventate maggiorenni? Gli ospedali pediatrici che se ne sono presi cura dalla nascita non possono continuare a seguirle e così spesso queste persone e le loro famiglie si ritrovano a girovagare da uno specialista all’altro, senza avere più un punto di riferimento. Per questo il Policlinico Universitario A. Gemelli da oltre dieci anni ha attivato un servizio dedicato alla presa in carico delle persone con sindrome di Down e con altre patologie congenite, per assicurare loro una continuità di cure e tutta l’assistenza – a volte molto complessa – di cui hanno bisogno. Fino ad oggi, oltre 800 le persone con sindrome di Down, dai 18 ai 70 anni e più, sono state assistite al Gemelli. E questo progetto oggi si arricchisce di un nuovo step e si rinforza grazie alla convenzione siglata con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù per la presa in carico delle persone con sindrome di Down dopo l’età pediatrica.

Servizio dedicato

“Le persone con sindrome di Down, o con malattie rare o congenite – afferma Roberto Bernabei, ordinario di medicina interna e geriatria dell’Università Cattolica e direttore del Dipartimento scienze dell’invecchiamento, neurologiche, ortopediche e della testa-collo della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli – spesso trovano il riferimento e le cure adeguate nel mondo della pediatria ma, una volta diventate adulte, non hanno più un servizio dedicato. E spesso vanno incontro a invecchiamento precoce, con le multimorbilità e il funzionamento ‘difficile’, che dei vecchi è il marchio. Partendo da queste considerazioni, abbiamo dunque deciso di prenderci carico di questo problema, apparentemente non ‘geriatrico’, organizzando un servizio dedicato a queste persone: il Centro di medicina delle persone adulte con condizioni congenite, rare, disabilitanti. La considero una piccola perla non solo del day hospital di geriatria di Fondazione Policlinico Gemelli, ma anche del Ssn. È con viva soddisfazione dunque che avviamo oggi questa collaborazione tra Fondazione Policlinico Gemelli e Bambino Gesù per la presa in carico delle persone con sindrome di Down in età post-pediatrica. Questo evento segna anche una pietra fondante che aprirà la strada a tante altre condizioni più rare della sindrome di Down”.

“Da anni le nostre due istituzioni collaborano al fine di condividere le migliori modalità di assistenza alle persone Down, già dalle primissime fasi dell’età evolutiva, e alle loro famiglie – sostiene il professor Alberto Villani, direttore del Dipartimento di emergenza, accettazione e pediatria generale del Bambino Gesù -. Pediatri e geriatri sono accomunati dal doversi prendere cura di individui naturalmente fragili (bambini e anziani) e hanno quindi come caratteristica professionale una grande attenzione a esigenze e necessità speciali. Un valore aggiunto significativo di questa collaborazione è la totale condivisione di percorsi in continuità assistenziale”.

Il ruolo del pediatra

“Il ruolo del pediatra – spiega la dottoressa Diletta Valentini, responsabile Uos follow up pediatria del Bambino Gesù – sarà quello di preparare i giovani adulti e le loro famiglie, già in epoca adolescenziale, al passaggio delle cure nell’ospedale dell’adultoattraverso un percorso dedicato alla transizione, che consisterà in una serie di colloqui psicologici e nella somministrazione di materiale informativo. L’obiettivo è supportare i giovani in questa delicata fase di passaggio facilitando il raggiungimento dell’autonomia in ambito sanitario”. “Da noi queste persone non troveranno solo un team di specialisti per gestire eventuali problemi di salute – spiega il dottor Francesco Pagano, responsabile della Uoc di continuità assistenziale del Gemelli – ma saranno sottoposte a una valutazione multidimensionale. Questa va ben oltre il classico paradigma diagnosi-terapia, perché va a studiare il funzionamento in ambito socio-relazionale, dal carico di stress per la famiglia, alla capacità di prendersi cura di sé stessi o di svolgere attività della vita quotidiana, come fare il bucato o prendere un autobus. Inoltre, la modalità di interazione con gli specialisti sarà la stessa che ha documentato essere efficace per il paziente complesso e fragile, cioè quello del consulto complessivo, ove il medico che ha in carico il paziente interagisce direttamente con lo specialista per definire un iter diagnostico-terapeutico individualizzato. È previsto anche un servizio di teleassistenza dedicato, per effettuare visite a distanza”.