Le recenti vicende politiche provocano preoccupazione nella comunità scientifica, già allarmata per la non ammissibilità dell’emendamento che prevedeva la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2023, dei fondi stanziati nel 2020 per gli screening dell’epatite C. La pandemia, infatti, in questi due anni ha pesantemente condizionato l’attività delle regioni nella definizione di strategie volte a far emergere il sommerso, ossia coloro che sono affetti da epatite C ma non ne sono consapevoli. Il risultato è stato che i trattamenti si sono drasticamente ridotti rispetto agli anni precedenti, mettendo anche in discussione l’obiettivo di eliminazione del virus entro il 2030. Un traguardo promosso dall’Oms su cui l’Italia è ancora in corsa, grazie ai nuovi farmaci che permettono l’eradicazione dell’Hcv in maniera definitiva, in poche settimane e senza effetti collaterali. Come riportato dai dati Aifa, infatti, se al 3 gennaio i pazienti avviati al trattamento per l’epatite C erano 232.004, all’11 luglio sono 239.378: poco più di 7mila.

L’appello della comunità scientifica

In occasione della Giornata mondiale delle epatiti, promossa dall’Oms come ogni anno per il 28 luglio, l’Associazione italiana per lo studio del fegato e la Società italiana di malattie infettive e tropicali esprimono viva preoccupazione per la situazione che si è venuta a creare con la non ammissibilità dell’emendamento: alcune fasce di popolazione non potranno più contare sugli screening gratuiti. Da qui parte un appello al prossimo Parlamento e al Governo che entreranno in carica in autunno. “Gli screening per scovare i casi di epatite C rappresentano una buona prassi che ha insignito l’Italia del ruolo di leader contro le malattie del fegato e le malattie infettive – sottolinea il professor Alessio Aghemo, segretario Aisf –. Dopo il bilancio in chiaroscuro dell’ultimo biennio, è auspicabile prolungare la disponibilità dei 71,5 milioni di euro già stanziati nel 2020 fino al 31 dicembre 2023, per poi inserire stabilmente in futuro la pratica degli screening come un elemento stabile del nostro Ssn. Con questo approccio, infatti, sarà possibile curare centinaia di migliaia di persone ed eliminare l’epatite C nel nostro Paese”. “La Simit esprime viva preoccupazione per la recente non ammissibilità della proroga del fondo per gli screening – ribadisce il professor Claudio Mastroianni –. La terapia, infatti, oltre a curare il paziente, rappresenta anche un importante mezzo di prevenzione per bloccare la trasmissione del virus. Per queste ragioni è importante sviluppare l’azione in molteplici direzioni: servono politiche di screening a livello regionale su popolazioni target come presso carceri e servizi pubblici per le dipendenze (SerD), una ricerca del sommerso nelle fasce d’età previste nel decreto ministeriale e uno screening opportunistico, da effettuarsi ogniqualvolta una persona abbia la possibilità di farlo”.