Medicina estetica non solo a studio, ma anche in contesti ospedalieri, quali quelli delle breast unit e delle obesity unit. Questa una delle proposte scaturite dal congresso della Società italiana di medicina estetica, che sottolinea la maturità raggiunta da questa branca specialista e il suo grande impegno e valore sociale.  “Le breast unit – ricorda la dottoressa Loredana Cavalieri, consigliere della Sime, chirurgo plastico e impegnata anche nella breast unit dell’azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma – riuniscono tutti gli specialisti impegnanti del percorso di cura delle pazienti con tumore della mammella, sin dal momento della diagnosi. Queste équipe multidisciplinari comprendono radiologi, chirurghi senologi, oncologi, genetisti, radioterapisti, psicologi e, da molti anni, anche il chirurgo plastico perché la ricostruzione della mammella è un diritto delle pazienti, previsto peraltro dall’Ssn”. Ed è una parte davvero importante di questo percorso di cura perché la donna, dopo aver accettato, anche grazie allo psico-oncologo l’impatto della malattia e aver affrontato le cure, vuole tornare ad una vita piena, anche sul piano sociale e relazionale, che vede nella ricostruzione mammaria uno snodo fondamentale.

Cure oncologiche

“Noi riteniamo – afferma la dottoressa Cavalieri – che i tempi siano maturi per inserire in questo team multidisciplinare anche la figura del medico estetico, allo scopo di supportare e accompagnare in tutto questo percorso la paziente”. E non solo dopo l’intervento; lungo tutto il percorso di cure oncologiche, è molto importante per il benessere della paziente, supportare anche il suo sentirsi donna. E le terapie di medicina estetica la aiutano a ‘vedersi meglio’. “Già durante la fase delle terapie oncologiche (chemio e radioterapia) – spiega la Cavalieri – c’è bisogno di un supporto di medicina estetica importante, perché alcuni farmaci determinano disidratazione e infiammazione della cute. Successivamente, quando sarà il momento di impiantare l’espansore, che prelude all’intervento ricostruttivo vero e proprio con protesi mammaria o con lipofilling, il medico estetico potrà occuparsi del trattamento delle cicatrici e di preparare la cute con cosmetici elasticizzanti. Un’importanza crescente sta acquisendo anche la ricostruzione dell’areola mammaria e del capezzolo che, sempre più spesso, si affida all’esecuzione di un tatuaggio 3D (tridimensionale), anche se a questo livello c’è ancora un vuoto legislativo. Questo tipo di tatuaggio, di assoluta di pertinenza medica, andrebbe eseguito da medici estetici appositamente formati”.

Tatuaggio 3D

Si chiama 3D perché con giochi di chiaro-scuro si va a mimare la proiezione del capezzolo, con risultati migliori da quelli offerti in passato dalla ricostruzione chirurgica; questa di otteneva scolpendo dei lembi cutanei locali con i quali si tentava di riprodurre la forma del capezzolo, proiettata sopra la superficie toracica; in realtà queste ricostruzioni con il tempo tendono ad appiattirsi e a scolorirsi (alla fine sono delle cicatrici), con risultati modesti. “Il medico estetico – prosegue la dottoressa Cavalieri – dovrebbe avere un ruolo anche nelle obesity unit, sia in fase preventiva, aiutando i pazienti che iniziano un percorso dimagrante, con terapie quali la carbossiterapia (per migliorare la vascolarizzazione) o la mesoterapia flebologica (soffrono spesso di stasi venosa)”. Dopo la chirurgia bariatrica poi, questi pazienti che hanno perso moltissimi chili devono essere sottoposti a intervento di chirurgia plastica funzionale per effettuare un rimodellamento corporeo, che prevede l’asportazione di ampie superfici cutanee ridondanti e ptosiche.

Migliorare gli esiti cicatriziali

“In questi casi – spiega la dottoressa Cavalieri – il ruolo del medico estetico è importante nel migliorare gli esiti cicatriziali, mediante trattamenti a base di luce pulsata mirati ad esempio a correggere le alterazioni vascolari che determinano lo scurimento di queste cicatrici. È possibile anche effettuare biostimolazioni con peptidi o con piastrine, solo per fare alcuni esempi. Dunque – conclude la dottoressa Cavalieri – secondo noi, l’inserimento della figura del medico estetico anche nel pubblico, all’interno di queste équipe multidisciplinari, non fa che ribadire il concetto di salute come stato di benessere psico-fisico, che aiuta anche il reinserimento nel sociale, spesso molto complicato per pazienti di questo tipo”. Questa facilitazione avrebbe poi un risvolto positivo anche sulla produttività di questi pazienti, che troverebbero una semplificazione nella fase di ripresa del lavoro.

Migliorare l’offerta sanitaria pubblica

“L’inserimento del medico estetico nei reparti ospedalieri e nelle unità complesse rappresenterebbe un segno di miglioramento e potenziamento dell’offerta sanitaria pubblica – commenta Emanuele Bartoletti, presidente della Sime –. La guarigione dalla malattia, raggiunta spesso nei servizi dei nostri Ospedali, segno di elevata qualità erogata dai nostri medici, rappresenta solo uno step, forse il più importante del percorso verso il completo stato di salute. Il benessere psicofisico fa parte di questo percorso e la figura sanitaria più adatta ad aiutare il paziente a raggiungerla è proprio il medico estetico”.