In occasione della Giornata mondiale della salute, UNIAMO – la Federazione italiana malattie rare, presenta i risultati parziali dell’indagine sulle malattie rare rivolta ai medici, con l’obiettivo di indagare la conoscenza di queste patologie da parte dei professionisti sanitari. “Le persone con malattia rara presentano un complesso insieme di esigenze cliniche, che richiedono un confronto costante fra diversi specialisti, e l’esecuzione di numerosi test ed esami – dichiara Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO -. I risultati parziali presentati oggi denotano purtroppo ancora una scarsa conoscenza del sistema malattie rare fra i medici. Questo conduce spesso a diagnosi ritardate, errori di trattamento e in alcuni (per fortuna sporadici) casi a danni reali nei confronti del paziente”. La survey, condotta grazie alla collaborazione di Merqurio Group, ha visto fino a metà febbraio la partecipazione di 586 medici distribuiti su tutto il territorio nazionale (il 79% del campione è un medico specialista). I risultati complessivi saranno presentati in occasione dell’evento di presentazione del Rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia. “Da sempre Merqurio si impegna nella comunicazione al medico, attraverso l’impiego di un numero sempre crescente di canali, che spaziano dal tradizionale al digitale – afferma Salvatore Ruggiero, Ceo Merqurio Group -. Per noi è un piacere mettere la nostra expertise a disposizione di UNIAMO perché crediamo fortemente nel potere formativo della comunicazione medico-scientifica e siamo convinti che stimolare i medici a dare peso al dubbio diagnostico sia un passo molto concreto per aiutarli a fornire ai pazienti una diagnosi certa in tempi più rapidi e di accedere più velocemente al migliore processo di cura”. Le malattie rare riguardano più di 2 milioni di persone in Italia e quelle ad oggi conosciute sono tra le 6.000 e le 8.000. La conoscenza dell’esistenza delle malattie rare da parte della comunità scientifica è fondamentale per garantire l’invio ai centri di competenza corretti, dove trovare l’approccio multidisciplinare necessario per la presa in carico della persona con malattia rara.

I dati

Periodo rilevazione: gennaio-febbraio 2022

Rispondenti: 586 medici

●        Appena 2 medici su 10 ha una conoscenza diretta delle ERN* (il dato sale a 4 su 10 in quanti hanno/hanno avuto assistiti con Malattia Rara)

*Le reti di riferimento europee (ERN) sono reti virtuali che coinvolgono prestatori di assistenza sanitaria in tutta Europa. Il loro compito è favorire la discussione sulle condizioni e malattie rare o complesse che richiedono cure altamente specializzate e conoscenze e risorse concentrate.

●        Solo la metà dei medici ha sentito parlare del Testo unico sulle malattie rare e meno di 1 su 10 ha letto il provvedimento

●        Le malattie rare interessano tutte le figure mediche:

a.       Più di 7 medici su 10 nella loro vita lavorativa e oltre 5 su 10 negli ultimi 12 mesi hanno ritenuto necessario, per qualcuno dei propri assistiti, effettuare degli approfondimenti diagnostici per un sospetto di malattia rara, in particolar modo i medici di medicina generale/pediatri di libera scelta (3 su 4).

b.      Quasi 6 medici su 10 hanno attualmente, fra i loro assistiti, almeno una persona con diagnosi di malattia rara, in particolar modo i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta (2 su 3)

●        Permane un certo grado di frammentazione della rete assistenziale delle malattie rare:

a.       3 medici su 10 con assistiti con MR non sono in relazione con l’Asl (Distretto Socio-Sanitario o altri servizi).

b.      2 medici su 10 con assistiti con MR non sono in relazione con il centro di riferimento per la malattia rara.

c.       Basso livello di soddisfazione per il rapporto con gli attori della rete regionale delle malattie rare (ad eccezione del centro di riferimento per la malattia rara).

●        Chiara visione delle principali problematiche relative all’assistenza delle persone con malattia rara:

a.       assenza/carenza di una tempestiva diagnosi (più di 7 medici su 10); assenza/carenza di continuità assistenziale nel passaggio tra ospedale e cure territoriali (quasi 5 medici su 10); assenza/carenza di integrazione fra l’assistenza primaria (medici di medicina generale/pediatri di libera scelta) e gli specialisti del centro di riferimento (4 medici su 10, ma quasi 6 medici di medicina generale/pediatri di libera scelta su 10).